venerdì 14 ottobre 2016

TESTA MATTA: MONTHERLANT E IL SUO "MALATESTA"

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Da “LA VOCE DI ROMAGNA”, venerdì 7 ottobre 2016, p. 26

TESTA MATTA
70 anni fa Montherlant, scrittore
eccentrico, eretico e toreador
compone “Malatesta”. Scoprirà
poco dopo che la sua nutrice era
una discendente di Sigismondo

Parole sante. «I peggiori nemici d’un uomo sono i suoi compatrioti».
Le pronuncia Sigismondo Pandolfo Malatesta, secondo il Malatesta di Henry de Montherlant. La frase spiega, in modo sintetico, i rapporti che Rimini stringe con i grandi suoi. Se può li dimentica. Altrimenti, li defenestra. Sul Malatesta di Montherlant abbiamo abbozzato un pensiero ieri, nelle pagine della cronaca riminese. L’episodio, però, è esemplare: intorno al corpo di Malatesta, che il prossimo anno fa 600 anni, hanno scritto due giganti della letteratura occidentale. Ezra Pound (la porzione dei Cantos dedicata al condottiero) e Montherlant, che 70 anni fa redige una pièce teatrale, Malatesta, appunto, quasi subito (nel 1952) tradotta in italiano da Camillo Sbarbaro, il poeta che si studia anche a scuola, per Bompiani. Entrambi, però, Pound e Montherlant, sono beatamente ignorati dalla città di Rimini, nella rappresentazione che di essa ne danno i suoi amministratori. Il problema di fondo? Che Pound e Montherlant sono delle bestie esteticamente titaniche ma politicamente poco addomesticabili. Pound per i problemi che sappiamo (adesione fascista), Montherlant, autore di romanzi bellissimi e fautore di «un’estetica del contrasto e della diversità», nato 120 anni fa, perché devoto all’individualismo assoluto, siderale, «Montherlant aspira a una morale della qualità: ammira la cavalleria medioevale e l’ideale dei samurai; le imprese impossibili esercitano su di lui una strana attrazione» (Favre). Pur Accademico di Francia, infatti, le bizze di Montherlant, autore molto tradotto un dì (Mondadori e Bompiani soprattutto) e un faro dimenticato oggi, nell’epoca dell’afasia e dell’automatismo (Adelphi ha in catalogo il feroce Le ragazze da marito, mentre Aragno, l’anno scorso, ha pubblicato il capolavoro teatrale del francese, Port-Royal), non stavano né a destra né a sinistra. Toreador per sfidare la morte (nel 1925 un toro gli perforò il fianco), centometrista eccellente, calciatore notevole, eroe della Prima guerra (fu solcato da sette schegge di granata), «stilista che ausculta l’io, religioso dell’istante, cattolico per tradizione familiare ma nel senso di una chiesa che manta la guardia al dio Pan, anarchica, uomo del rinascimento» (Gianni Nicoletti), Montherlant ci lascia, nel giorno di equinozio del 1972, quasi cieco, sparandosi. Di antica famiglia aristocratica, Montherlant succhiò il latte da una nobile amica della madre, Marie de La Fontaine Soliers. La quale, «era discendente dei Malatesta». La storia la narra l’eccentrico francese in Latte dei Malatesta (stampato in L’infinito è dalla parte di Malatesta, Raffaelli, 2004): l’amico Maurice Bedel gli squaderna «una genealogia, stampata nel 1680», in cui la stirpe dei Fontaine Soliers si connette ai Malatesta, con cui condividono lo stemma. «Ed è innegabile che la donna che mi diede il seno, a pari con la mia nutrice, avesse legittimamente il medesimo blasone che aveva Sigismondo Pandolfo Malatesta». Ergo: «che un autore scopra in questo modo, a cose fatte, una sorta di parentela reale tra uno dei suoi eroi e lui stesso non vi è in ciò di che sognare?». Micidiale Montherlant, che in un passaggio supremo della pièce, in cui il Malatesta fronteggia e sfida il Papa, fa dire al gran riminese, «Prendermi Rimini! A me! a me! a me! Ma il mare che batte le spiagge di Rimini e vi si frange, ripete il nome di Malatesta». Montherlant, ossessionato dalla figura del Malatesta (esiste anche un suo scritto sulla Medaglia d’Isotta scalfita da Matteo de’ Pasti), ammette, «quante volte non ho sognato “Se potessi veder rappresentare Malatesta nella Rocca!”». II sogno si realizza il 28 luglio 1969, quando «con un anno di ritardo sul cinquecentenario» (non le azzeccavano neppure allora), Malatesta va in scena a Castel Sismondo. Regia di José Quaglio, Arnoldo Foà a fare Sigismondo e Tino Carraro nel ruolo di Paolo II. «Non si allontaneranno da me le creature nate dalla Storia e dai miei sogni, dal mio rispetto profondo e dal mio più profondo amore, miei figli e mie figlie quanto più sicuri dei figli che la nostra carne distratta disperde nella materia occasionale», scrive Montherlant, in un articolo offerto al “Resto del Carlino”. Chissà perché a nessuno è venuto in mente di ripigliare il Malatesta. Perplessità “politica”? Magari, qui si annega soltanto nell’ignoranza. (d.b.)

In scena a Rimini nel 1969, ha passaggi
fulminei: «Prendermi Rimini! A me!
Ma il mare che batte le spiagge di Rimini
e vi si frange, ripete il nome di Malatesta»

Non abbiate paura di onorare Malatesta

LA CHICCA UN BRANDELLO DALL’ARTICOLO DI MONTHERLANT PER LA MESSA IN SCENA
DEL SUO LAVORO A RIMINI. UN INNO ALLA POTENZA DELL’INDIVIDUO CONTRO L’IDEOLOGIA


Malatesta vantava la sua discendenza da Scipione l’Africano, col sorriso intimo, io credo, di chi non si lascia ingannare dai propri sogni ma getta nel fuoco tutta ciò che gli si offre per avvivare la fiamma. Con quel medesimo sorriso io stesso ho accolto un giorno la notizia che, se nel latte è contenuto il sangue, in me c’era qualche goccia di sangue malatestiano, dal momento che un’amica di mia madre, che mi allattò, discendeva dai Malatesta (ne constatai la discendenza su di una pergamena vecchia di due secoli) e su di un anello portava lo scudo di Sigismondo. E con quel medesimo sorriso accolsi un’altra volta la frase di Jean Cocteau: «Montherlant è l’aquila a due teste: la testa del Maitre de Santiago, quella di Malatesta». Quando Malatesta fu scomunicato, spogliato della sua autorità, condannato al fuoco, i suoi sudditi fuggivano davanti a lui come davanti al diavolo, e il gentile Novello suo fratello passava alle truppe del papa. Gli Italiani di oggi non hanno timore di onorare la memoria di questo eterno accusato. E ciò li onora perché così facendo non celebrano il campione di una qualsiasi causa o ideologia nebulosa, destinata a svanire nella nebbia; ma celebrano il raro personaggio in cui si condensarono il talento, le conoscenze e le passioni.
Henry de Montherlant

Exit

Sognare
la mia morte
fa parte
integrante
dell’amore
che si
ha per me

Henry de
Montherlant
(da “Malatesta”)




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