venerdì 29 maggio 2015

"L'infinito è dalla parte di Malatesta" e Montherlant menzionati da Davide Brullo

Sempre navigando su TOR e "googlandomi" trovo questo articolo di Davide Brullo che qui sotto riporto. Il link per vederlo in originale è il seguente:
http://www.dcult.it/istrione-henry-de-montherlant-toreador-calciatore-accademico-di-francia-si-suicido-per-egoistica-vanita/


Scrive Réné Guénon ne La crisi del mondo moderno: "Chi è qualificato per parlare in nome di una dottrina tradizionale non deve discutere con i «profani» e non deve indulgere in una qualsiasi «polemica». Egli deve solo esporre la dottrina così come è a coloro che possono comprenderla, denunciando in pari tempo l’errore dovunque esso si trovi, facendolo risultare tale col proiettare su di esso la luce della conoscenza vera. La sua funzione non è di suscitare una lotta e di compromettere con essa la dottrina, ma di formulare quel giudizio di cui egli ha la facoltà se davvero possiede i principi che debbono ispirarlo infallibilmente. Il dominio della lotta è quello dell’azione, è cioè il dominio individuale e temporale; il «motore immobile» desta e dirige il movimento senza esser da questo trasportato. La conoscenza illumina l’azione senza partecipare alle vicissitudini di essa. Così ogni cosa resta sul suo piano, nel grado che le corrisponde nella gerarchia universale.
Ma nel mondo della decadenza moderna dove si potrebbe ancora trovare il concetto di una vera gerarchia? Non vi è cosa o persona che sia nel posto in cui dovrebbe trovarsi normalmente. Gli uomini non riconoscono più alcuna autorità effettiva nell’ordine spirituale, alcun potere legittimo in senso superiore e sacro nell’ordine temporale. I «profani» si permettono di discutere su cose sacre, di esse disconoscendo il carattere se non pure l’esistenza. È l’inferiore che giudica il superiore, è l’ignoranza che impone limiti alla sapienza, è l’errore che scalza la verità, è l’umano che si sostituisce al divino, è la terra che va a predominare sul cielo, l’individuo facendosi la misura di tutte le cose e pretendendo di dettare all’universo leggi tratte tutte dalla sua ragione relativa e defettibile. «Guai a voi, guide cieche!» è detto nel Vangelo. Oggi si vedono infatti dappertutto ciechi che conducono altri ciechi e che fatalmente li porteranno all’abisso, in una comune fine, se non verranno fermati in tempo."
Non vi è dubbio alcuno che in questa epoca di decadenza anche sul Tempio Malatestiano, uno dei maggiori monumenti esoterici della nostra Italia, le "guide cieche" pullulino e gli ignoranti la facciano da padroni.
 

Che differenza c'è tra Sigismondo Pandolfo Malatesta e i piccoli governanti odierni? Questa! che ci indica proprio Montherlant quando diceva che:

Si amava l’oro perché dava il potere e col potere si facevano delle grandi cose. Adesso si ama il potere perché dà l’oro e con quest’oro se ne fanno di piccole.



Istrione Henry de Montherlant, toreador, calciatore, accademico di Francia, si suicidò per egoistica vanità. Grande grandissimo scrittore

di Davide Brullo Il 9 luglio 2013 In Il Salieri


Un acerrimo amico mi manda il lapidario messaggio: «quando arriverà a questo livello mi faccia sapere». In allegato, la prima pagina de il Giornale del 23 maggio, con l’ordine di leggere il “Cucù” di Marcello Veneziani. Titolo tremendo (“Suicida contro il suicidio della civiltà”) sotto il quale il giornalista cuce un pensiero intorno alla morte di Dominique Venner, 78 anni, scrittore e storico, che il 21 maggio è entrato nella cattedrale di Notre Dame, Parigi, e si è sparato, non gli andava la brutta china che ha preso l’Occidente, in particolare il fatto che la sua patria abbia concesso per legge il matrimonio a persone che condividono il sesso.
Veneziani scrive che «è comunque un gesto di grandezza, sulla scia francese di Henry de Montherlant». Fermiamo il fotogramma qui. Montherlant, tra i geni della scrittura di Francia, con l’infinita fame di scavare l’uomo fino al più piccolo istante perversione, non si uccise per passione politica o per una poetica dell’indignazione. Attese il 21 settembre del 1972, giorno dell’equinozio di autunno, e se ne andò per egoistica vanità: non accettava la vecchiaia. Scegliere come morire: esiste atto più sciocco e più divino? Diede disposizioni affinché gli amici spargessero le ceneri a Roma, un po’ nel Tevere un po’ a inargentare i Fori imperiali.
«Se cercassi Dio, troverei me». Questa è una frase di Pierre Costals, eroe assoluto di Montherlant, pronunciata dall’alto de “Le ragazze da marito”, il primo romanzo di una serie di quattro, accerchiati dal medesimo titolo “Jeunes filles”, pubblicati tra il 1936 e il 1939. Adelphi, nel 2000, cominciò, per merito di Cesare Colletta, a tradurre il ciclo: il romanzo è francamente strepitoso. Qualche gonzo universitario potrebbe venirvi a dire che il misogino, libertino e glaciale Pierre Costals sia una sorta di Andrea Sperelli, ma il giudizio è uno sparo a salve: Montherlant deprime la lussuria retorica di D’Annunzio, la sua scrittura è un pugnale di vetro, la mente del marchese de Sade nel corpo di Pascal. Insomma, un capolavoro. Ragion per cui, Adelphi lasciò perdere, terminò la statua editoriale alle ginocchia: gli altri tre romanzi non sono stati tradotti né sono in previsione di essere pubblicati.
Eppure, Henry de Montherlant è un istrione, uno dei rari scrittori seducenti, che «sfugge a ogni classificazione», guidato da «un’estetica del contrasto e della diversità», dotato della «stessa impietosa lucidità dei maggiori moralisti. I suoi maestri? Epitteto e Marco Aurelio, ma anche Petronio e Anacreonte, Plutarco e Seneca» (Y.-A. Favre). Audace (a quindici anni comincia a toreare, a trenta un toro gli perfora il polmone destro), atletico (tra l’altro, è un calciatore capace), nel 1960 fu eletto tra i santissimi dell’Académie française (i 40 titani della cultura di laggiù: sui suoi scranni si sono assisi Montesquieu e Marguerite Yourcenar, Henri Bergson, Victor Hugo, Voltaire, Paul Valéry), sulla seggiola numero 29 (che è stata di Ernest Renan e di Claude Lévi-Strauss, attualmente la occupa Amin Maalouf), ma in sostanza nel pantheon dei grandi, per snobismo, non si fece mai vedere. Individualista rovente, negli anni dell’occupazione francese sponsorizzò il generale Pétain, i suoi scritti ottennero ciò che si prefiggeva: fu osteggiato dai resistenti e fu incompreso dai nazisti. «Ce l’ho con Montherlant per essere stato così inferiore alla propria grandezza»: così la Yourcenar riassume il demonico genio di Montherlant.
Sostanzialmente ignorato dall’editoria attuale (che ci logora con romanzi ovvi e soporiferi e ha terrore di simili bestie strane, sacre), non era così qualche decennio fa. Nel 1952 l’editore Bompiani commissiona a due numeri uno (Massimo Bontempelli e Camillo Sbarbaro) la traduzione dei testi teatrali più celebri di Montherlant, “Il gran maestro di Santiago”, “La regina morta” e “Malatesta”. E già, cari miei, Montherlant vede nel viso di Sigismondo quei caratteri («la sua irrequietezza, la sua volubilità, le sue contraddizioni») che animano i suoi eroi. Il “Dramma in quattro atti” viene principiato nel 1943, settant’anni fa, e licenziato nel 1947, Raffaelli ne ha stampato una edizione deliziosa nel 1995. La fratellanza di Malatesta con Montherlant si esplicita in un testo programmatico, “L’infinito è dalla parte di Malatesta”, pubblicato nel 1951 ed edito da Raffaelli (con appendici curate da Moreno Neri) nel 2004. In esso Montherlant rintraccia una soddisfacente parentela con il Malatesta, per tramite della nutrice, «è innegabile che la donna che mi diede il seno aveva legittimamente il medesimo blasone che aveva Sigismondo Pandolfo Malatesta», quasi che il condottiere fosse «la mia forza e il mio veleno». Nei suoi pensieri “malatestiani” Montherlant ci svela che nel tempio di Rimini «uno dei canonici» era all’epoca «un fedele di Sigismondo», commisura il cranio del Malatesta con quello di Mussolini, obbliga la dama di viaggio a recarsi da Roma alla Gambalunghiana per procacciarsi documenti storici. Il testo scenico è di traslucida grandezza («il mare che batte le spiagge di Rimini e vi si frange ripete il nome di Malatesta»), Sigismondo è un po’ Federico II, un po’ Amleto, un po’ Orson Welles. Fu messo in scena la prima volta a Parigi, nel 1950 (il Malatesta è Jean-Louis Barrault, attore di pregio, ha lavorato con Max Ophuls, Jean Renoir e Ettore Scola), ebbe una sessantina di rappresentazioni, il 28 luglio 1969 sbarcò a Rimini, in Castel Sismondo. Allora il tiranno riminese prese il volto di Arnoldo Foà, Luigi Pasquini sul Resto del Carlino, il giorno stesso, avvicinò la figura del Malatesta a quella di Federico Fellini. A lato, un articolo scritto da Montherlant, un’ode alla riminesità del Malatesta, «uno che seppe riunire in sé ferocia e tenerezza, capriccio e costanza, religione e irreligione». Ma la sola religione rimasta all’Italia, in questi vaghi tempi, è sfregiare i grandi, infangare la sapienza che fu, fregandosene. 


La copertina del libro
Due foto di Montherlant
In una foto di Davide Minghini, scattata il 28 luglio 1969 a Castel Sismondo, 
il Fratello Arnoldo Foà (1916-2014)
interpreta il Malatesta di Montherlant.
Arnoldo Foà era un Fratello del Grande Oriente d'Italia, iniziato 
nel 1947 nella Loggia “Alto Adige” all'Oriente di Roma.

A volte ritornano? Non sempre

Alzi la mano chi non si googla! Confesso che, a dispetto del mio serio intento di cancellazione dell'ego - parte essenziale del mio percorso autorealizzativo-, qualche rara volta mi capita di cercarmi su internet. Apro il più noto e ormai monocratico motore di ricerca e digito, tra virgolette, "moreno neri", per vedere se sono conosciuto, evocato e citato e se si parla dei miei libri.
Come diceva il Fratello Oscar Wilde, che mi dicono in questo periodo particolarmente sorridente nell'Oriente Eterno per i risultati del referendum irlandese sul same-sex-marriage
C’è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare di sé: il non far parlare di sé.
e diceva anche come 
E' davvero mostruoso che la gente vada in giro dicendo alle nostre spalle cose che sono assolutamente vere.
Un paio d'anni fa ho scoperto "Tor" che restituisce qualche risultato in più di "Google": il cosiddetto "internet sommerso". In questo modo ho ritrovato l'articolo che qui sotto trascrivo di Maria Grazia Cutuli, inviata del "Corriere della Sera", assassinata in Afghanistan nel 2001.

Maria Grazia Cutuli
Nell'articolo si parla, è ovvio, del "Moreno Neri 1.0" che non ho per niente rinnegato e che, anzi, trovo sempre molto divertente ed efficace nelle sue iniziative demenziali ed estemporanee. L'articolo, insieme a tanti altri apparsi sulla stampa locale e nazionale, suscitò l'ira forsennata di Elvira Banotti (1933-2014), una femminista "talebana" (per intenderci era una che sosteneva che "ogni coito è uno stupro") allora famosa perché era una presenza costante al "Maurizio Costanzo Show". Elvira mi denunciò, insieme al Sindaco Micucci, per "istigazione allo sfruttamento della prostituzione". Lo so perché fui convocato alla Caserma dei Carabinieri di Rimini di Via Destra del Porto dove mi accolsero un paio di Carabinieri molto gentili che, tra l'imbarazzato e il divertito, procedettero alla mia "identificazione". Dopodiché non ne seppi più nulla: la paradossale denuncia sarà finita nel cestino per "il non luogo a procedere" o perché "il fatto non sussiste".
Il Moreno Neri 2.0 si diverte ora a vedere che anche il Fratello Valter Giovanetti, presidente dei "Galli di Romagna", era in catena d'unione con Moreno Neri, presidente dell'O.N.U. One Nation Underground. Si diverte di meno a fare il confronto con l'oggi. Allora non si spendeva una lira per posizionare sulla stampa nazionale la nostra costa. Oggi si spende una valangata di euro per una trovata come "rimining" che, "googlato", ci dà il suggerimento che forse cerchiamo "rimming". Come ci spiega l'ultimo libro di Travaglio, significativamente intitolato Slurp, questo è un tempo di leccatori e leccati. Meglio prendere a modello l'irresistibile francesismo dello scomparso Micucci "au bord de l'eau" che l'improbabile anglismo del vivente Primo Cittadino di Rimini. Come cantava un riminese d'adozione: "tu chiamale se vuoi ... emozioni". Ma le emozioni bisogna saperle maneggiare e controllare.

da "Epoca", 29 maggio 1991 nr. 2120, pp. 72 ss. Sezione "Storie"

IL LEADER DEL PDSESSO

DI MARIA GRAZIA CUTULI


Il sindaco di Cattolica

Il racket delle lucciole lo preoccupa, le finanze comunali lo angustiano. Che fare? Il primo cittadino di una famosa località romagnola ha trovato un rimedio sicuro: riaprire le case  d'appuntamento e affidarle a una azienda municipale. Le sue compagne di partito protestano? Lui risponde: è la sola alternativa. "CATTOLICA E' IN RIVA AL MARE. E LA PAROLA BORDELLO NON DERIVA FORSE DAL FRANCESE "AU BORD DE L' EAU"?"

Gianfranco Micucci, 44 anni, sindaco Pds di Cattolica. Vuole riaprire le case di appuntamento per "sconfiggere il racket che gestisce il mercato delle lucciole".

Sembrava matto il sindaco di Riccione, Terzo Pierani, quello che voleva aprire un Casinò sulla Riviera, e che due anni fa lanciò la crociata contro i saccopelisti e poi la catena umana anti-mucillaggine, con signorine in topless che se lo contendevano sul lungomare... Ma il sindaco di Cattolica, allora? Altro che casa da gioco: Gianfranco Micucci, 44 anni, indipendente eletto nelle liste del Pds, una laurea in sociologia  all'università di Trento, ha proposto di fare un casino. Nel senso letterale del termine, casa chiusa a capitale pubblico e privato, "moderna, efficiente e manageriale" . E ha anche trovato uno sponsor:  l'Onu, One nation underground, una cooperativa di servizi culturali e discotecari, affiliata all'Arci, che ha immediatamente rilanciato il progetto. Scopo? "Sconfiggere il racket della malavita che gestisce il mercato delle lucciole". L'invito è per il popolo di Romagna: galli in pensione e pulcini non ancora svezzati, vecchi e bambini. I primi perché "non perdano l'abitudine allo sport più praticato della riviera" , dice il sindaco, i secondi perché possano adeguatamente curare la propria educazione sentimentale. Alla Flaubert, ovviamente, un autore che il colto Micucci, ad uso di chi dubitasse sul valore "culturale e morale" della sua iniziativa, non dimentica di citare, insieme a un'enciclopedica sfilza di nomi che da Epicuro portano dritto ai suoi maestri spirituali: Freud e anche Alberoni, Wilhelm Reich oppure Renato Curcio (suo collega d' università). "Cattolica è in riva al mare. E l'etimologia di "bordello" non è forse "au bord de l' eau"?", insiste il primo cittadino del centro balneare. "E poi, cosa ho io di diverso da Kohl o da Bush? In Germania e in America le case di tolleranza esistono e sono autorizzate dallo Stato. Vorrei che anche in Italia si rivedesse la legge Merlin". In che modo? Trasformando i bordelli in vere e proprie aziende. Con pingui profitti, aggiunge Micucci, per le casse comunali e un indotto ancora più appetitoso: "Con le prostitute che ci sono in Riviera, pensi a quanto guadagnerebbero i medici Usl. E le ditte che fornirebbero i profilattici, quelle che sponsorizzerebbero la "casa" con i loro divani, la lingerie, le lenzuola di seta...". Un'attività a tutto campo, insomma: secondo le prescrizioni del citatissimo Max Weber. In armonica sospensione tra "luteranesimo e spirito del capitalismo". Gianfranco Micucci non è infatti solo il sindaco di Cattolica, o il "compagno" indipendente dell'ex Pci. E' in primo luogo un imprenditore, proprietario di una fabbrica di giocattoli, fatturato tre miliardi l'anno, che si chiama "Ci ragiono e gioco", parafrasi del celebre "Ci ragiono e canto" di Dario Fo. Da ragazzo vendeva scarpe ai mercati rionali: "Mio padre lo diceva sempre, studia pure, ma d'estate si lavora" . Poi ha vinto un concorso al Comune, però era un posto che gli stava stretto, buono fino al 1977, quando si è buttato negli affari, quelli veri. Passione di famiglia, peraltro, testimoniata nell'albero genealogico dalla presenza dello stilista Diego Della Valle, il quale sui progetti erotici del cugino Micucci non ha mancato di dire la sua: "Fai una tariffa a ore", gli ha suggerito da New York. "L' avventore deve poter dimostrare che ci dà, che ci dà...". Mai come ora che è sindaco, però, Micucci è riuscito a interpretare tanto bene lo "spirito del capitalismo". Se l'amore profano può dar sostegno alle casse comunali, quello consacrato dal vincolo matrimoniale non è da meno. Lo dimostra la decisione di affittare la sala della Giunta per le cerimonie nuziali: 200 mila lire comprese di tappeto rosso, marcia di Mendelssohn, fiori per la sposa e, dulcis in fundo, sindaco in smoking. Altra idea-business: trasformare Cattolica in un set cinematografico. Con una star d' eccezione: "Madonna ha appena dichiarato che vuol dirigere un film. Potrebbe venir qua. Ho già avviato i contatti telefonici e preparato la sceneggiatura: Il destino si chiama Clotilde di Guareschi". Le incursioni nel mondo dello spettacolo a Cattolica del resto non mancano. Non è la patria del Mystfest, la rassegna annuale del cinema "giallo"? E come ha reagito il sindaco  l'anno scorso, quando il comitato direttivo del festival ha deciso di trasferirsi a Viareggio? Suggerendo, in un comunicato ufficiale, di riascoltare la canzone Vivere, nell' intepretazione di Pavarotti: "Oggi che magnifica giornata, la mia bella donna se n'è andata, m'ha lasciato alfine la libertà..." Siamo all' operetta? Eh, no. Micucci sa anche essere rigoroso. Sulla gestione del denaro pubblico, è per la "qualità totale": non ha esitato, ad esempio, a tagliare lo stipendio ai consiglieri comunali colpevoli di assenteismo. Ma rispetta pure le esigenze del personale, tra cui il diritto alle ferie, concesse in massa dal 25 aprile al primo maggio con tanto di chiusura del Municipio. In Riviera capita questo ed altro. Non si sono appena offerti i bagnini di Rimini, galli per vocazione, a versare un'imposta di paternità alle svedesi finite nelle loro reti, con eventuale neonato a carico? Non c'è quindi da stupirsi se un progetto anti-istituzionale come la "Spa del sesso" , trovi pieno consenso presso il vicesindaco, Lando Pritelli, giovanotto di fede "verde" , e presso gli "imprenditori" dell'Onu, capifila due trentenni: Moreno Neri e Pier Pierucci, rispettivamente presidente e vicepresidente della cooperativa della Lega. "In Romagna ci conoscono come quelli che inventano le provocazioni", spiega Pierucci, citando  l'ultima creatura, il Rockhudson's, discoteca di Rimini, nata nel 1987, a dispetto del nome "sana come il latte", con distribuzione al bar di latte, appunto, e yogurt. "Assistere però ogni sera alla passerella di prostitute che c'è sul lungomare di Rimini ci sconcerta. E allora, perché non provvedere, fondando un luna park del sesso che nobiliti l'eros?". I vitelloni romagnoli, capitanati da Valter Giovannetti, presidente del Club dei galli, sono d'accordo. Ma a sentire i soci dell' Onu, anche i ragazzini: "In un sondaggio fatto nel nostro locale è risultato che 43 persone su 51 apprezzerebbero la riapertura delle case d'appuntamento". Fanno sul serio? Il dubbio tortura molti. Terzo Pierani, ad esempio, sindaco di Riccione: "Figurarsi, una faccenda così complicata, la prostituzione. Non è riuscito neanche il Parlamento a risolverla. Dovrebbe essere un sindaco di provincia a far cambiare la legge?". 

Incalza sul giornale locale, l'assessore Nando Piccari: "Caro Micucci, l'hai fatta grossa, tu e quei pirlotti dell' Onu", allarmato dall' idea che possa essere utilizzata la caserma dei carabinieri per la costituenda casa del piacere. Si infuriano le compagne del Pds: "Dopo anni di lotta per la "differenza sessuale", dovremmo dar adito adesso a un pugno di nostalgici frustrati?", dice il neosegretario della federazione di Cattolica, Maria Vittoria Prioli. Ancora più arrabbiate le femministe storiche: guidate dalla leader Elvira Banotti sono sbarcate a Cattolica e hanno tirato uova al sindaco. Lui, il bersaglio, Gianfranco Micucci, si limita a strizzare un occhio: "Mi son messo nei guai, eh?" . Guai seri? Lo si vedrà forse alle prossime amministrative, quando il partito dovrà decidere se l'indipendente Micucci al suo posto ci sta bene oppure no. Per ora, come recitava la canzone-manifesto dell' amor mercenario di Fabrizio De Andrè, Bocca di Rosa, "le contromisure si limitano all'invettiva". E sono, tra le altre: quelle dei quattro parroci di Cattolica, riunitisi di recente per discutere una strategia antisindaco; quelle del Comitato delle Prostitute di Pordenone che per bocca di Pia Covre ha fatto presente di non gradire affatto l'interessamento del primo cittadino romagnolo; e infine, quelle di alcuni consiglieri di minoranza dell'amministrazione rosso-verde, come il repubblicano Peter Tonti, che pontifica: "Siamo proprio alla frutta". L'unico che riesce a non farsi bollare dallo scatenato sindaco come un "bacchettone", è il segretario del Pds di Rimini, Giuseppe Chicchi, ex assessore regionale all'ambiente e al turismo: "Non condivido neanche una virgola della trovata di Micucci", dice con fare molto serio. "Ma rilancio: sesso libero contro sesso mercenario. Facciamo della Riviera la nuova Ibiza".

giovedì 28 maggio 2015

Silio Bozzi

da http://www.walkaboutliteraryagency.com/#!silio-bozzi/c1i8i


Silio Bozzi

 

 

 SILIO BOZZI, Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato, specializzato in Polizia Scientifica dal 1995, esperto in materie criminalistiche, dirige attualmente la Squadra Mobile di Pesaro. E' stato docente di Tecniche Investigative Applicate, consulente e perito presso le principali Procure della Repubblica e Tribunali d’Italia, da molti anni è consulente dei principali scrittori di noir e polizieschi italiani e di diverse  trasmissioni televisive.

Ha eseguito per il Tribunale di Venezia, assieme alla sua equipe, la prima comparazione antropometrica in 3D ‘total body’ della storia della criminalistica.
Profondo conoscitore della cultura classica, ha confluito le competenze investigative in alcune indagini su testi e dipinti dell'antichità. Insieme al Professor Luciano Canfora ha dimostrato la falsità del Papiro di Artemidoro e nel 2010, presso il Centro di Cultura tedesca di Venezia, ha presentato la rivoluzionaria interpretazione del celebre dipinto La Flagellazione di Cristo di Piero della Francesca, caratterizzata da una chiave esoterica, misterica e iniziatica che ha incontrato l'approvazione di studiosi di levatura internazionale come Silvia Ronchey, Luciano Canfora, Moreno Neri e Peter Schreiner, il più grande bizantinista vivente.

DIALOGHI PER MASSONI - Il Messaggero ed. Pesaro


Questo mi era sfuggito: un articolo dell'edizione pesarese de "Il Messaggero" di venerdì 1 agosto 2014, p. 52. Dove si dimostra che a Rimini una presentazione di un libro non si nega a nessuno, tranne che a me. Infatti i Dialoghi per Massoni di Lessing e Herder li ho presentati a Pesaro.
Chi non ce l'ha ancora si affretti ad acquistarlo. E' diventato un piccolo best-seller, la sua edizione è andata pressoché esaurita. Le poche copie ancora a disposizione di Amazon, IBS ecc. sono le uniche rimaste in circolazione.
Ma ecco il testo dell'articolo de "Il Messaggero"

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Dialoghi per massoni all’Oliveriana



IL LIBRO

PESARO Stasera alle 21.15, nella corte della Biblioteca Oliveriana di Pesaro, via Mazza 97 (nell’adiacente museo archeologico in caso di maltempo), Marco Rocchi presenterà «Dialoghi per massoni», curato da Moreno Neri.

Il volume, da poco edito dalla Bompiani, raccoglie l’opera di Lessing, intitolata «Ernst e Falk, Dialoghi per Massoni (1778-1780)», insieme al «Dialogo su una Società invisibile-visibile (1793)» e ai due dialoghi intitolati «Massoni (1803)» di Herder. Tradotto e curato da Neri e con un saggio introduttivo di Claudio Bonvecchio, è un libro che costituisce un inestimabile strumento per chi voglia orientarsi nel complesso e spesso selvoso mondo della Libera Muratoria.

Ma è altresì un libro che invita a ripensare il rapporto fra la riflessione filosofico-razionale e quella esoterica-iniziatica e che dunque costituisce un tassello importante anche per lo studio e la comprensione di due figure rilevanti della storia della filosofia, quali sono Lessing e Herder. Non a caso l’editore pubblica il libro nella sua collana filosofica più prestigiosa, «Il pensiero occidentale», restituendo a questi testi, che generalmente nei manuali di filosofia non vengono nemmeno menzionati, la giusta attenzione. Da parte sua Moreno Neri già da diversi anni lavora alla rimozione della polvere depositata su autori e opere, che in realtà si rivelano importanti per la storia della filosofia. E riesce a farlo con «un libro frizzante e intelligente, rococò e musicale, illuminante e sorprendente».



lunedì 25 maggio 2015

Taranto 6 giugno. I 150 anni della Rispettabile Loggia "Archita"

 

Taranto
I 150 anni dell' "Archita"

La loggia "Archita" di Taranto compie 150 anni. In occasione di questo anniversario, il 6 giugno, alle ore 10, presso il Grand hotel Mercure Delfino, è stato organizzato un convegno pubblico dedicato al celebre filosofo di cui la loggia, nata nel 1895, porta il nome. "Archita da Taranto, l'uomo delle meraviglie"' è infatti il titolo dell'incontro che, oltre a raccontare la storia dell'officina nelle vicende d'Italia, traccerà il profilo del matematico e filosofo illuminato, esponente della scuola pitagorica e uomo di grande ingegno, definito scienziato ante litteram, saggio e poliedrico e al quale tra le diverse invenzioni gli viene attribuita anche quella della vite, della puleggia e di una colomba meccanica capace di volare. Sarà un'occasione per avvicinarsi alla saggezza del passato e alla luce della conoscenza di oggi. I relatori saranno Fabrizio Piccolo, "La Loggia Archita: memorie di un futuro passato", Antonio Tagliente, "Archita di Taranto e il nuovo approccio matematico alla conoscenza" e il professore Moreno Neri, "Archita di Taranto: re pitagorico, filosofo e matematico". A moderare il convegno sarà Francesco Comparato, maestro venerabile della loggia.