giovedì 31 marzo 2011

LA CONCA DEL TEMPIO. Parte 5°

L'altra pubblicazione, uscita in occasione de LA CONCA DEL TEMPIO, è una rivisitazione postmoderna delle classiche plaquette. In formato CD, è addirittura contenuta in una custodia da cd ed è
 
A lume acceso: omaggio a Ezra Pound / [testi di: Mary De Rachewiltz, Luca Cesari, Ugo Amati, Piero Sanavio, Franco Cavallo, Tonino Guerra, Pier Paolo Pasolini, Clemente Rebora, Moreno Neri]; [a cura di] Ugo Amati e Simona Rinciari; da un’idea di Simona Rinciari, Raffaelli Editore, [Rimini], 2001. 49 pagg.: ill.; 12x14 cm. (edizione fuori commercio di 250 esemplari numerati, realizzata anche grazie al contributo della Provincia di Rimini in occasione della mostra La conca del Tempio, inaugurata nel Castello malatestiano di Montefiore Conca il 16 giugno del 2001).



Il titolo riecheggia A lume spento, il primo libro di poesie di Pound pubblicato a Venezia nel 1908.
Anche questo libriccino, trattandosi di un'edizione numerata f. c., è introvabile, tranne tre biblioteche pubbliche (vedi la scheda OPAC). Dunque pubblico qui, a beneficio dei lettori e degli studiosi, il mio testo che contiene soprattutto una mia prima traduzione di un brano di Giorgio Gemisto Pletone.
Il riferimento bibliografico esatto è
Moreno Neri, "Nessuna guida sarà scritta", in A lume acceso: omaggio a Ezra Pound / [testi di: Mary De Rachewiltz ... et al.]; [a cura di] Ugo Amati e Simona Rinciari; da un’idea di Simona Rinciari, Raffaelli Editore, [Rimini], 2001, pp. 42-46.


 
MORENO NERI

NESSUNA GUIDA SARÀ SCRITTA




Di Pletone Pound aveva idee sicure. Della misteriosa figura, più nota per il suo sarcofago a Rimini che per i suoi scritti, sapeva che questi erano conservati alla Marciana di Venezia, ben prima che François Masai li reperisse. Sapeva che portò il platonismo in Italia e che aveva il dente avvelenato contro Aristotele e che si poteva presumere che avesse dato inizio al Rinascimento. Sapeva, poi, che era uno di quegli anelli della ininterrotta fraterna catena della tradizione celeste, un eroe di quella storia segreta, che spesso passa inosservata, ma che costituisce il plus, la spinta costruttiva, dallo stesso Pound battezzata come la cospirazione dell’intelligenza. Pound, infine, aveva chiaro che “i misteri non sono rivelati, e nessuna guida ad essi è stata, né sarà scritta”.
Quanto fossero precise le nozioni di Pound in proposito, è illustrato da questo primo assaggio della traduzione dello scritto di pugno di Giorgio Gemisto Pletone Contro le obiezioni di Scholarios a favore di Aristotele. Lentamente, ma devotamente, gli scritti di Pletone, stanno riemergendo. Di tale riconquista, va dato a Pound il merito per la sua venerazione verso questo filosofo di cui “dicono non trovasse nessuno con cui parlare, o che più generalmente fosse lui a parlare


Giorgio Gemisto Pletone
Non biasimiamo Aristotele perché ha scritto, né per ciò che ha scritto di buono, al contrario esortiamo a leggere i suoi libri “a causa di ciò che vi è di utile in essi, a condizione, tuttavia, di sapere che molta mediocrità vi si trova mescolata”; esortiamo a leggerli nel modo in cui Plutarco incita ad ascoltare le poesie. Non è perché ha scritto su tutto che per questa ragione dobbiamo venerare pure gli errori che ha commesso nei suoi scritti, ma, avendo come maestro Platone, un uomo ben più divino di lui, e, allo stesso tempo, senza giudicarci indegni di raddrizzare ciò che Aristotele ha detto di male, ci riconosciamo il diritto di raddrizzarlo. C’è tuttavia una cosa che, tra ben altre, vi sfugge: non è per mancanza di conoscenze che Platone non ha scritto niente sulle scienze, è perché egli stesso e prima di lui i Pitagorici giudicavano cosa buona non scrivere su tali questioni, ma trasmetterle oralmente ai loro discepoli, col pensiero che essi sarebbero stati più saggi se avessero ritenuto tali scienze nella loro anima e non nei libri; perché quanti credono di possederle nei libri non si danno cura di possedere le scienze in modo continuativo nell’anima. Se dunque questo possesso avesse potuto prodursi in modo continuo, ciò sarebbe stato meglio; ma, siccome, secondo le circostanze, fortune e disgrazie introducono nella nostra attività conforme alla saggezza delle interruzioni numerose e lunghe, la scrittura ha egualmente la sua utilità, che consiste nel fornire una sorta di memoria a coloro che non possono dedicarsi alle scienze in modo continuo. Platone, anch’egli, ha dunque lasciato dei promemoria, ma relativi solamente ai principi della logica, della fisica, dell’etica e della teologia; e se insegnò la filosofia, questo accadde rendendo partecipi non della sua personale, ma di quella che dalla tradizione di Zoroastro era arrivata fino a lui attraverso i Pitagorici. Pitagora, difatti, per avere frequentato in Asia dei magi discepoli di Zoroastro, passò a questa filosofia… Che Platone passò a questa filosofia, è ciò che dimostrano gli oracoli della tradizione di Zoroastro che si sono conservati fino a noi: sono ovunque completamente in accordo con le opinioni di Platone. Platone, dunque, trasmise nei suoi dialoghi soltanto i princìpi della filosofia, ossia il minimo necessario e limitato alle questioni più importanti, lasciando ai suoi discepoli la cura di dedurre il resto, da questi principi e dall’insegnamento che avevano da lui inteso. Ma Aristotele che era stato allievo di Platone e che poi, sotto il colore della filosofia, passò alla sofistica, per amore di una vanagloria che lo incitava a diventare capo di una propria scuola da lui diretta, sconvolse e corruppe i princìpi della filosofia consegnati da Platone e giunti a lui dal profondo delle ere; quanto a ciò che aveva ricevuto oralmente da Platone, se ne appropriò mettendolo per iscritto, non senza introdurvi numerosi errori. Siccome, peraltro, “si è occupato addirittura più di quanto ve ne fosse bisogno” di cose distanti dai princìpi ed insignificanti, pubblicò una folla di scritti, avendo inventato questa quattordicesima forma di sofisma: affascinare le persone meno intelligenti con una massa di scritti. La saggezza, in effetti, si contrae in poche parole e tratta poche cose; perché riguarda i princìpi dell’essere e chiunque li abbia afferrati alla perfezione, sarà capace di giudicare bene quanto possa venire alla conoscenza dell’uomo…
E come converrebbe l’oscurità di stile ad un saggio? Non converrebbe di più ad uno schiavo che non si è mai chiaramente impadronito della lingua greca, o ad un sofista che, non essendo molto sicuro di ciò che dice, lo riveste di uno stile oscuro, o ancora a qualcuno che obbliga gelosamente i suoi lettori ad uno sforzo penoso, affinché abbiano bisogno di lui per svelarne loro il senso? In qual modo converrebbe ad un saggio che, per filantropia, deve rendere, per quanto possibile, la profondità del pensiero comprensibile, attraverso la chiarezza dello stile? La forma mitica può avere qualche fondamento. Giacché i miti, difatti, forniscono alla folla che non può raggiungere la profondità del pensiero una comprensione che è alla sua portata; è questo a cui anche Platone si applicò, per filantropia, in seguito ad altri teologi. Egli stesso, attraverso altri miti benefici, concesse pure a questa folla, innamorata dei miti, di comprendere qualche cosa del divino che non gli fosse troppo estraneo, affinché i sapienti ed il volgo potessero insieme accedervi un po’.

Rimini – Equinozio di Primavera 2001





Inoltre, in occasione della Installazione-Costruzione-Viaggio "LA CONCA DEL TEMPIO -EZRA POUND E SIGISMONDO MALATESTA", a proposito di CD, fu edita anche una "sperimentazione sonora" di Alessandro Fea, emergente artista romano dal talento poliedrico, sulla base di un idea di Simona Rinciari.
Il titolo esatto è

Alessandro Fea, Sperimentazione Sonora - Sperimentazione Sonora su Frammenti di alcuni Canti letti da Ezra Pound, da un'idea di Simona Rinciari / Tavole Musicali; Ugo Amati.

Anche di questo, qui sotto, c'è il front e il back
 


Non credo sia sotto diritti e comunque anche questa era un'edizione fuori commercio. Il file musicale dura poco più di 44 minuti ed è di circa 84 MB.

Clicca per scaricare il file musicale




LA CONCA DEL TEMPIO. Parte 4°

La Mostra-Installazione-Viaggio LA CONCA DEL TEMPIO: Ezra Pound e Sigismondo Malatesta di Ugo Amati e Simona Rinciari, che si tenne a Montefiore Conca (RN) dal 16 giugno al 15 luglio 2011, fu accompagnata da una serie di testi.
Il primo è il catalogo.


In esso, tra gli altri conributi (Ugo Amati e Simona Rinciari, naturalmente, Gillo Dorfles, Mary de Rachelwitz, Piero Sanavio, Luca Cesari e Rita Giannini), ce n'è uno mio.
Il riferimento bibliografico esatto è "Come giunse beltà a tanto buio", in Ugo Amati e Simona Rinciari / La conca del tempio: Ezra Pound e Sigismondo Malatesta Pubblicazione Libri Scheiwiller, Milano, 2001, pp. 17-22.
Dopo dieci anni penso che il catalogo sia ormai introvabile in commercio, anche una decina di copie si trovano sicuramente sparse in alcune biblioteche pubbliche.
E' giocoforza, quindi, pubblicare qui il mio intervento. Cercherò di inserire le immagini che lo corredavano, aggiungendone alla fine qualcuna che non trovò spazio.  





Come giunse beltà a tanto buio

di Moreno Neri



Bisognerà ripulir la testa, levare, a colpi di sapone e bastone, i pregiudizi da difendere, le passioni e i desideri da coltivare, le paure da sedare. «Con l’aiuto di quegli dei che presiedono a questo genere di lavori», avrebbe detto Pletone, s’accenderà, allora, un lume, affiorerà il dono della chiaroveggenza e quello della libertà. Allo sguardo dell’uomo i confini appariranno più sterminati di quelli cui è subordinato ed assuefatto. Non è detto che quel raggio di sole debba restare un lampo. Taluno coltiverà in permanenza quest’altro e ulteriore modo di sentire il mondo come un’intima e incombente necessità.
Di tali allusioni v’è traccia nella consegna, nel 1439, di Giorgio Gemisto Pletone a Paolo Toscanelli della preziosa Geografia di Strabone. Cristoforo Colombo raccolse dalle mani fraterne del matematico ed astrologo fiorentino, che poi v’aggiunse a suggello il suo Gnomone solstiziale in S. Maria Novella, le pagine preziose ed un mappamondo. Non il diametro d’un piano, com’era norma per gli ingabbiati aristotelici tolemaici, ma la circonferenza d’una sfera platonica fu l’ostinata idea dell’ulisside genovese. Verrà poi Copernico a far entrar la terra in orbita e a porre il sole al centro.  Pure qui l’impronta di Pletone s’osserverà, giacché Copernico s’appellerà all’autorità degli antichi maestri: Pitagora e Filolao pitagorico. I versi aurei pitagorici Marsilio Ficino tradusse da un manoscritto di Pletone, altro dono del Mistagogo di Mistrà a Cosimo de Medici. Di più ancora, le parole di Copernico sul sole sono un’eco precisa, distinta, del Commento al Sogno di Scipione di Macrobio, quello stesso testo che ispirò l’apparato simbolico della Cappella dei Pianeti del Tempio Malatestiano di Rimini. Chi se ne porrà al centro, con la sullodata testa ripulita, arretrato a formare un vertice d’un triangolo equilatero come emanato dai canestri solari alla base delle due colonne zodiacali, osserverà, a fatica senza il canocchiale di Galileo, Helios superno al centro.
Aveva dunque ragione Pletone ad indicare in Aristotele il grande responsabile del senso di materializzazione della realtà, della chiusura degli orizzonti in Occidente ed era naturale che la cristianità trovasse in lui il filosofo del suo cuore. Ma degli arcani segreti certuni ancora dovevano, ed altri dovranno, esser detti inter nos, inter pares e non ancora inter homines.
Pound con i suoi siderei occhi vide tutto questo, percepì, oltre la storia visibile, una arcana. Quanto ampio sia stato l’influsso in Pound dell’elemento pagano e magico, di scuole esoteriche e di dottrine tradizionali, quali i suoi stretti legami con famosi esoteristi del Novecento appare col procedere degli studi che a questi aspetti hanno dedicato Boris de Rachewiltz, Leon Surette, Sharon Mayer Libera e Demetres Tryphonopoulos. Precise indicazioni ne conseguono: innanzi tutto quella della scienza del mantenimento delle giuste proporzioni, strettamente collegata alla costruzione del tempio. In versi poi espunti dal testo definitivo dei Cantos s’esplicita

Gemisto, un vecchio che parla agli dei.
Venne più tardi.
Più tardi Alberti che il pittore dovrebbe
indurre la fame negli uomini per costruire.
E così crebbe, fiorì in un attimo,
papavero di mare, papavero luteumve.
Alla porta del mare, papavero di mare, papavero luteumve.
Alla porta del mare,
e alla porta del sole
afferrato nella pietra
un canto afferrato nella pietra.

Si resterà dunque ancora sordi alle parole di Roberto Valturio sul Tempio riminese? Si resterà ancora confinati a fissare lo specchio deformante del cristianesimo di cui s’è detto e del crocianesimo, ostile a qualsiasi valutazione metafisica e avverso ad ogni approfondimento simbolico? O si vorranno indagare «gli elementi dottrinali essenziali attinti ai profondi penetrali della filosofia» da Sigismondo studiati e fatti scolpire con eccellente arte da lapicidi e scultori nello splendido tempio?
«Felice è la città dove i filosofi sono re e i re sono filosofi» è la sentenza di Platone che non ha mai smesso di guidare gli uomini assennati. Pletone come Macrobio ci descrive un’escatologia dove l’immortalità divina era destinata agli uomini di Stato che avevano ben servito la comunità umana e a tutti coloro che avevano conservato, aiutato ed accresciuto la patria. Fu una breve età dell’oro quella che Sigismondo, uno dei maximi muratores, fece rinascere sotto il segno del Granchio, porta del sole secondo Macrobio e Porfirio. Emulò gli antichi segni dell’antica età dell’oro augustea, cantata dal pitagorico Virgilio, l’arco e il ponte, con un castello ed un tempio. Mantenne nella patria le proporzioni.
Si avrà ancora l’accorgimento di interpellare Charles Mitchell e la fievole presenza di Pletone si staglierà limpida quale l’ispiratore, diretto o indiretto, di talune delle immagini esoteriche del Tempio Malatestiano. Le conferenze di Mitchell sono del 1951 e del 1968. Ma già Pound decenni prima, con la scorta del suo volume di Charles Yriarte (al centro nella sua cassa di libri che si fece spedire da Parigi a Rapallo) e i successivi inesauribili e forsennati studi, guardato di sbieco da Massera a Rimini, mentre a Cesena, diversamente dal bibliotecario di Rimini, gli fu prossimo e devoto Dazzi, puro custode dell’istituzione di Novello Malatesta, accenna nei Cantos alla radice del Tempio.
«Verum ita gentilibus operis implevit» disse Pio II. Per qualche nuova dracma episcopale si rinverrà ancora chi nega l’infallibilità papale, chi si guadagna da vivere diffondendo ed illustrando le opere del Tempio, disonorando al tempo stesso gli dei, i geni, le virtù, gli eroi e i simboli che in esso si dispiegano e si venerano. Vero esempio di usura intellettuale. Sigismondo «amava perdutamente Ixotta degli Atti». Indicava Pletone che tra i doni che gli dei diedero al nostro corpo sia per servire la nostra parte immortale e dominante, sia per approfittare del suo aiuto, sia per assaporare certi piaceri che ci sono propri, istituirono quest’unione dei due sessi, così seducente e piacevole. Quando «la verga di Sigismondo faceva dio nel ventre della sua Venere ed Ixotta godeva del suo Marte di ritorno dalle guerre», archetipicamente, il Signore e la Signora di Rimini avranno associato i loro movimenti col ritmo delle onde, gli odori salmastri con l’odore del sesso. «HUDOR ET PAX. Ai ritmi potenti conseguono gli umori, la spuma di Venere, la pace, la beatitudine. Se ne troverà l’illustrazione nella formella denominata Gli influssi della luna: come Venere, anche Sigismondo approda infine alla riva di un’isola beata. Se intuiamo una conoscenza inconscia dell’ipostasi della nostra genesi acquatica, è nell’unione dei due sessi che la cogliamo: «La luce penetra nella grotta. Io! Io!» Con questa acutezza Pound vide, similmente a Porfirio nell’antro delle ninfe, la necessità dell’illuminazione nel coito, quel raro momento di natura regia e di numeri d’oro. Già Platone aveva insegnato che «tutto quest’ordine, l’Artefice taglio per il lungo, facendone di uno due, una metà sopra l’altra, e il loro centro congiunse in forma della lettera x». Questa meraviglia è presente nell’etimologia della parola sesso, sezionato. Altro guadagno si raggiunse nel Rinascimento con la felice espressione «copula mundi». Pound l’accenna: «Eleusis è molto ellittica». Cosicché il coito non è e non dev’esser altro che il rito, la ierogamia, o meglio la reminiscenza dell’estasi da cui l’Uno si fece Due. Così dunque – insegna una tradizione esoterica- l’uomo è virile per i genitali e la parola, ma passivo per il cervello, mentre la donna aperta alla fecondazione fisica e animica, è, a sua volta, fecondatrice nello spirituale. Perciò il coito congiungendo i poli opposti dei suoi membri chiude le sue sedi genitale e boccale per la ricostituzione dell’ellissi. Quale migliore immagine per la salda unione di Sigismondo e Isotta! E la sua plastica rappresentazione la si volle espressa in simbolo.

Guénon ci svela: «essenzialmente la lettera S rappresenta la molteplicità e la lettera I l’unità, ed è evidente che la loro corrispondenza rispettiva col serpente e con l’albero assiale concorda perfettamente con questo significato; è completamente esatto che in tutto questo vi è qualcosa che deriva da un esoterismo profondo». 


Un punto che permette un accostamento particolarmente significativo tra la tradizione occidentale, rappresentata dal Tempio, e la tradizione cinese, è la palese corrispondenza del monogramma al noto simbolo taoista. Il monogramma ha infatti strettissime attinenze con l’yin e yang, altrettanto complementari ed inseparabili, e corrispondenti rispettivamente alle lettere S e I.


Ma la discussione sulla cifra ci porterebbe lontano. Senza salire tanto in alto, si vorrà in ogni caso scorgere il senso di trascendenza nei bassorilievi del Tempio. Rabelais, anch’egli ovviamente sospettato di eresia, nel Gargantua dice a proposito dei misteri di certe sculture sacre che esse intenderà solo chi comprenda le virtù, il carattere e la natura delle cose raffigurate con esse e vi aleggiano le medesime parole di Valturio.
 Le quali, a rimarcare questa ermeneutica della reticenza, sono ancora stupendamente coincidenti con quelle di Geber, il sufi dell’VIII secolo formulante la prima sintesi della dottrina nel suo trattato tradotto in latino nel XIII secolo, Summa perfectionis magisterii in sua natura, in cui dichiara: «Non bisogna esprimere il nostro magistero in termini del tutto oscuri, ma nemmeno con un’evidenza che lo renda comprensibile a tutti. Da parte mia lo insegnerò in modo tale che nulla ne sia nascosto ai saggi, pur senza cessare di essere oscuro agli spiriti mediocri. Quanto agli stupidi e ai folli, non potranno capirci niente».
Pound vide tutto, e non furono fantasie, ma frutto d’esperienza, d’esperienza e poi ancora d’esperienza. Per converso tutto è tacciato dalla stragrande, strapaesana moderna contemporanea critica come spericolate e selvagge fantasie iconografiche. Si intima quindi di arrestarsi alle colonne d’Ercole di una lettura attenta, e però non troppo fantasiosa degli aspetti decorativi del Tempio. In realtà, come s’è, per reiterati cenni, mostrato e la Tradizione insegna, le verità di un cert’ordine, per loro stessa natura, sono comprensibili solo per chi è qualificato per capirle, mentre per gli altri resta impenetrabile l’eterna varietà del molteplice in cui l’essenza si squaderna.
Questa analogia è ulteriormente rafforzata dalla natura stessa dell’esperienza iniziatica. Possiamo anche rifarci alla tradizione orientale in cui essa viene descritta come una visione diretta, che si dilata e sconfina dall’ambito dell’intelletto e che si raggiunge «guardando più che pensando», esplorando all’interno di se stessi mediante la meditazione.
Nell’antica filosofia cinese questo concetto di osservazione è sorprendentemente racchiuso nel nome stesso con cui si indica il tempio, kuan, ventesimo esagramma dell’I Ching, il cui significato originario è quello di osservare.


Anche il taoismo considera il tempio come un luogo di osservazione e di contemplazione, così come avviene nella nostra lingua, in cui tempio e contemplazione derivano dalla radice temn, nel doppio significato di «osservare» e di «discernere», che esprime il concetto di separazione rispetto al profano, espresso anche nel cinese kuan, che significa anche «torre» e «spazio sacro», ciò che sta in alto ed è separato.

Non diversamente dall’opera di Sigismondo ci fa sembrare assolutamente desiderabile esser separati dai profani, da coloro che non superano la soglia del Tempio, ed essere invece fratelli in Platone: e cioè che tutta la vita si trasformi in una specie di rituale continuo, che ogni oggetto del mondo intorno debba essere considerato un simbolo del cosmo, che ogni azione debba essere compiuta con un senso di sacralità.

HUDOR ET PAX
Gemisto trae tutto da Nettuno
onde i bassorilievi a Rimini.

A Nettuno è attribuito il dono che riempie la nostra vita ed è verosimile che Ezra Pound, in un suo soggiorno parigino, abbia potuto leggere il Traité des Lois. Libro, oggi pressoché introvabile, in cui Charles Alexandre pietosamente ripreservò, in lingua francese, i frammenti delle Leggi di Pletone, i pochi scampati dal rogo distruttore della furia teologica della «nuova religione», di segno opposto alla lucida tolleranza della prisca.
Nella ieromenia di Pletone l’allocuzione a Nettuno è questa: Tuo padre (Giove) ti ha affidato l’autorità su tutte le creature, a te che sei essenzialmente la forma, il finito e il bello, a te dal quale tutti gli esseri ricevono la forma e il finito con la parte di bellezza che loro conviene
«Beauty is difficult»: al pari dell’ingresso nel Tempio, ci immergeremo nell’oscurità complessa dei Cantos. Ci sarà di lanterna su entrambe le vie, la massima iniziatica che Pound riprende e a cui ci invita: «Lege, lege, relege».  Resteremo seducentemente catturati ad lucem per lucem. Nostri pericoli non saranno la diffamazione, l’esilio, la prigionia, le torture e i roghi. Al sentimentalismo tanto ipocrita d’una mutata società “politicamente corretta”, sarà altrettanto meno penoso restar fedeli al motto di Ezra: Se un uomo non è disposto ad affrontare qualche rischio per le sue opinioni, o le sue opinioni non valgono niente, o non vale niente lui. Nomi sicuri che accordarono questa massima alla loro vita sono: Pitagora, Platone, Giuliano Imperatore, Pletone, Sigismondo. Vi si modellarono Bruno, Mazzini. Altri nomi e genti indica Pound come fili che tessono la trama segreta della storia visibile. Aggiungeremo alla schiera (dilavati da ogni pregiudizio, passione e paura) Pound, l’opera e i giorni del sacrificio (sacrum facere), i Cantos ed il silenzio (tempus loquendi, tempus tacendi).
Nella calma panica di un meriggio solatio del solstizio d’estate, come avrebbe detto Adrian Stokes, a Montefiore Conca si confabula. Appunto, cum fabula. «Quod omnia philosophorum dogmata sub fabulis contineantur», scriveva Natale Conti un secolo dopo l’inaugurazione del Tempio in un prezioso manuale stampato dalle presse di Aldo Manunzio, che il fedele Dazzi studierà nell’ultimo scorcio della sua vita terrena.
Di nuovo templum aedificavit. Palingenesi, o Rinascimento che ne è la precisa traduzione, ancora imperitura, praeclaro lapicidae ac sculptoris artificio sed etiam cognitione formarum. In catena d’amore si spargono semi nella mente. Quando si scrive e si parla ci s’intende inter nos, si parla a chi già possiede la nostra idea o ne ha una prossima. Ma accanto alle nostre parole ordinate con pazienza, rapinosamente, come fiori, sbocceranno ancora i simboli dell’arte. E ci augureremo il ritorno di un tempo dell’Arte in cui tutti i simboli siano razionali e tutte le ragioni siano simboliche.
Si confabula, dunque, un po’ come Platina e Sigismondo:

Dei tempi antichi e nostri; libri, armi,
E uomini di raro ingegno,
Dei tempi antichi e nostri, insomma
Di quel che si parla fra uomini sensati. 

E Pletone avrebbe aggiunto:

restiamo legati alla dottrina che sappiamo la migliore … professata anche da Pitagora e Platone: essa prevale su ogni altra per esattezza. Dunque ad essa soltanto chiediamo la più pura felicità cui ci sia lecito aspirare. Quanto alle altre dottrine, più si allontanano dalla nostra, più quelli che vi si aggrappano distano dalla felicità, e si avvicinano alla sventura; e coloro che professano opinioni ancor più diverse dalla nostra sono quelli che piombano all’ultimo gradino dell’infelicità, poiché sono immersi in spaventose tenebre dall’ignoranza dei princìpi più importanti.

E Pound, in questo ideale colloquio, avrebbe concluso:

Costruire il Cosmo -
Compiere il possibile
… un po’ di luce nel buio pesto
… Puoi tu penetrare nella ghianda di luce?
… Un po’ di luce come un barlume
ci riconduca allo splendore.




Le  immagini che qui aggiungo, rispetto all'articolo originale, sono tre: un ritratto di Platina, una foto di Pound e la formella dei cosiddetti Influssi della luna, nella Cappella dei Pianeti del Tempio Malatestiano di Rimini.









 






















mercoledì 30 marzo 2011

LA CONCA DEL TEMPIO. Parte 3°

Tutte le fotografie delle opere sono di Piero Marsili Libelli
E sono più di quelle presenti nel catalogo







 SIGISMONDO MALATESTA
60x120 cm. tecnica mista, foglia d’oro su legno

S.R. -2001


«When the  prince has gathered about him
«All the savants and artists, his riches will be fully employed.»

«Il principe che si circondi
«Di savi ed artisti»
        usufruirà delle sue ricchezze.» (Canto XIII)

 TRIDENTE
25x40 cm. pietra, ferro

U.A. -2000


Came Neptunus
                         his mind leaping
                                                   like dolphins,
These concepts the human mind has attained.

Venne Nettuno
                        la sua mente guizza
                                                        come delfini,
La mente umana questi concetti ha raggiunto. (Canto CXVI)

 LA GABBIA DI EZRA POUND
400x200 cm. ferro
U.A. -2000

A blown husk that is finished
       but the light sings eternal

Guscio nel vento, finito
       ma la luce canta eterna  (Dal CXV)

 MUSICA I
70x60 cm. legno, metallo

U.A. -1989


 MUSICA II
70x60 cm. legno, metallo
U.A. -1989

 MUSICA III
70x60 cm. legno, metallo
U.A. -1989

Que vos vers expriment vos intentions,
et que la musique conforme (Canto LIII)

 PAIRIDAEZRA
50x180 cm. ferro
U.A. -2000


I have tried to write Paradise
Do not move,
   Let the wind speak
              That is Paradise

Ho provato a scrivere il Paradiso
Non ti muovere,

   Lascia parlare il vento

               Così è Paradiso (Appunti per il CXVII et seq.)

 VETTORIA
30x180 cm. ferro, legno,
U.A. -2000




 
IL TRONO DEL TEMPIO
architettura 112x304 cm. frassino, ferro, ceramica, lino, plexiglas, cristallo
S.R. - 2001



The temple is holy   because is not for sale




Il tempio è sacro  perché non è in vendita       (Canto XCVII)

Flowers, incense, in the temple enclosure,
no blood in that TEMENOS
when crocus is over and the rose is beginning.

Fiori, incenso, nel recinto templare,
in quel TEMENOS non c’è sangue
quando il croco è sfiorito e sboccia la rosa. (Canto XCVII)



A soul, said Plotinus, the body inside it.
«By Hilaritas», said Gemisto, «by hilaritas: gods;
and by speed in communication.   

Di un’anima – disse Plotino – il corpo sta dentro.
E Gemisto: Dei son per hilaritas;
       e per la sveltezza nel comunicare. (Canto XCVIII)


I have brought the great ball of crystal;
who can lift it?
Can you enter the great acorn of light?

Ho portato la grande sfera di cristallo;
              chi la può sollevare?
Puoi tu penetrare nella ghianda di luce? (Canto CXVI)


FRATELLI IN PLATONE
installazione filosofica con frammenti di Plotino, Pletone, Sigismondo, Giamblico: sedie in plexiglas, pietra bizantina, tavolo in legno e ceramica
S.R. -2001

And they want to know what we talked about?
  «de litteris et de armis, praestantibusque ingeniis,
Both of ancient times and our own; books, arms,
And of men of unusual genius,

Both of ancient times and our own, in short the usual subjects

Of conversation between intelligent men.»

E vogliono sapere di che noi parlavamo?
   «de litteris et de armis, praestantibusque ingeniis,»
Dei tempi antichi e nostri; libri, armi,
E uomini di raro ingegno,
Dei tempi antichi e nostri, insomma
Di quel che si parla fra uomini sensati. (Canto XI)

Se le idee di Platone erano paradigmi di realtà nel pensiero personale di Platone, la loro trasformazione in fenomeni ci porta nell’ignoto. Quello che possiamo affermare è che Platone periodicamente provocava l’entusiasmo fra i suoi discepoli. E i Platonici dopo di lui hanno fatto sì che un uomo dopo l’altro diventasse improvvisamente consapevole della realtà del nous, dell’intelletto, a prescindere dalla intelligenza individuale di qualsiasi uomo, del mare cristallino e resistente, dello splendore che ci avvolge come se fosse vetro fuso, pieno di luce.
La storia di una cultura è la storia di idee che diventano azione. Qualunque cosa i platonici o altri mistici abbiano sentito, hanno potuto sporadicamente disporre di energie misurabili in parole e azioni, assai prima che i medici moderni misurassero le onde elettriche del cervello di soggetti patologici. Essi svilupparono anche terminologie e comunicarono fra di loro. E non vi è campo in cui lo storico accurato possa più facilmente prendere cantonate che nel cercare di trattare di simili fenomeni, sia per magnificarli che per negarli.
Non vi è neppure alcun dubbio che i Platonici, tutti i Platonici e ogni Platonico, disturbino o disturbi persone dall’intelletto cauto e ordinato. Gemisto portò in Italia una varietà di Platonismo, e si reputa che abbia dato inizio a una rinascenza. (Guida alla Cultura)

UNA SCIARPA PER EZRA POUND
Installazione:  tele varie misure, acrilico, e neoprene
S.R. -2001

VALIGIA PERFETTA  PER UOMO PERFETTO
24x30 cm. tela, foglia d’oro, neoprene
S.R. -2001

Simona Rinciari con tre VALIGE PERFETTE.
-2001

BES SHETA , GUARDIANO DELLA SOGLIA
110x50 cm. legno, foglia d’oro, foglia d’argento e retine in allumino
S.R. -2001

RITRATTO DI EZRA POUND
24x30 cm. frammenti d’amore, vetro, spago
S.R. -1989

GLI AMANTI CAVALCANTI
24x18 cm. tela, pigmenti, foglia d’oro, neoprene
S.R. -2001

AND FIFTY 2 WEEKS IN 4 SEASONS

4 colonne in ceramica 20x300 cm.
U.A. e S.R. –2001


And

fifty
2
weeks
in
4
season  (Canto LXXXVIII)

 

GIAMBLICA LUCE

100x 380 cm.
Installazione filosofica. Plexiglas
S.R. –2000

Measureless seas and stars,
Iamblichus light, and
the souls ascending,
Sparks like a partridge covey,
Like the «ciocco», brand struck in the game.

Vuoti di mare e di stelle,
Giamblica luce,
       e in quel baglior le anime salgono
Come pernici in stormo,
    faville di «ciocco» percosso. (Canto V)



WIND PORTRAIT (ritratto di Ezra Pound)
60x180 cm. corallo di Urgada, ferro, pietra
U.A. –1998

DE AEGYPTO

I, even I, am he who knoweth the roads
Through the sky, and the wind thereof is my body.

I have  beheld the Lady of Life,
I, even I, who fly with the swallows.

Green and grey is her raiment,
Trailing along the wind.

I, even I, am he who knoweth the roads
Through the sky, and the wind thereof is my body.

Manus animam pinxit,
My pen is my hand

To write the acceptable word…
My mouth to chant the pure singing!

Who hath the mouth to receive it,
The song of the Lotus of Kumi?

I, even I, am he who knoweth the roads
Through the sky, and the wind thereof is my body.

I am flame that riseth in the sun,
I, even I, who fly with the swallows.

 

The moon is upon my forehead.

The winds are under my lips. 

 

The moon is a great pearl in the waters of sapphire,

Cool to my fingers the flowing waters.

 

I, even I, am he who knoweth the roads

Through the sky, and the wind thereof is my body.



DE AEGYPTO

Io sono colui che conosce le vie
Del firmamento, e il mio corpo è formato dal vento.

Ho visto la signora della Vita,
Io, proprio Io, che volo con le rondini.

Verde e grigia è la sua veste,
Trascinata dal vento.

Io sono colui che conosce le vie
Del firmamento, e il mio corpo è formato dal vento.

Manus animam pinxit,
Ho la penna in mano

Per scrivere la parola accetta…
Sulla mia bocca è il puro canto!

Ma quale bocca può ricevere,
Il canto del Loto di Kumi?

Io sono colui che conosce le vie
Del firmamento, e il mio corpo è formato dal vento.

Io sono la fiamma generata dal sole,
Io, proprio Io, che volo con le rondini.

Sulla mia fronte sta la luna,
L’aria spira sotto le mie labbra.

La luna è una grande perla in acque di zaffiro,
E l’acqua scorre fresca alle mie dita.

Io sono colui che conosce le vie
Del firmamento, e il mio corpo è formato dal vento. (da, Personae)


IL GUARDIANO DEL TRONO DEL TEMPIO
70x220 cm. tecnica, mista e ferro su porta di legno
U.A. - 2000




CATTEDRALE I
CATTEDRALE II
CATTEDRALE III
CATTEDRALE IV

26. 27. 28. 29.
100x150 cm. plexiglas, stampa digitale a colori.
U.A. –1997

Builders had kept the proportion,
            did Jacques de Molay
                know these porportions?
And was Erigena ours?

I costruttori mantennero la proporzione,
           e Jacques de Molay
            le conosceva queste proporzioni?
Ed Eriugena fu dei nostri? (Canto XC)

WITH USURA
100x220 cm. plexiglas, stampa digitale
U.A. -1997

Said Paterson:

                        Hath benefit of interest on all

the moneys which it, the bank, creates out of nothing.

Semi-private inducement

Said Mr RothSchild, hell knows which Roth-schild
1861, ’64 or there sometime, «Very few people
«will understand this. Those who do will be occupied
«getting profits. The general public will probably not
«see it’s against their interest.»
                Seventeen years on the case; here
Gents, is/are the confession.
       «Can we take this into court?
  «Will any jury convict on this evidence?
1694 anno domini, on through the ages of usury
On, right on, into hair-cloth, right on into rotten building,


Paterson aveva detto:

                                 La banca trae beneficio dall’interesse

su tutta la moneta che crea dal nulla.

                 Instigazione semiprivata

disse il sig. RothSchild, uno dei tanti Roth-schild

verso il 1861 o ’64, «Saranno in pochi a capirlo.
«Quelli che lo capiscono saranno intenti a trarne profitto.
«Il grosso pubblico forse non vedrà mai
«che è contro il suo interesse.»
               Diciassette anni su questo caso;
Signori miei, ecco le confessioni.
       «Ma possiamo citarli in giudizio?
 «Con queste prove ci sarà una giuria che li condanni?
1694 anno Domini iniziò l’era dell’usura
Portando alla tela da sacco, a costruzioni marce, (Canto XLVI)
OMAGGIO A CONFUCIO
100x 220 cm. plexiglas, stampa digitale
U.A. –1997

TEN POUND
100x200 cm. stampa digitale su politilene espanso
U.A. –1997

UOMO VEDE CAVALLO
100x120 cm. stampa digitale, plexiglas
U.A. – 1997

SLOWENESS IS BEAUTY
100x120 cm. stampa digitale, plexiglas
U.A. – 1997

GLI AMATI CAVALCANTI
60x180 cm. pietra, ferro
U.A. –1997

LANCIA
50x180 cm.  pietra, ferro, legno
U.A. –2000

TESTA DI GUERRIERO
40x60 cm. terracotta, ceramica, ferro
U.A. - 2000

OMAGGIO A DANTE
diametro 60 cm.  stampa digitale, politilene espanso
U.A. –1997

STONES (omaggio a ADRIAN STOKES)
60x200 cm. legno, pietra, zinco
U.A. –1997

OVOIDE (omaggio a BRANCUSI)
70x80 cm. legno,metallo
U.A. –1997

MOTIVO
40x60 cm. legno, metallo
U.A. -1997

 

MOTIF


I have heard a wee wind searching
Through still forests for me,
I have seen a wee wind searching
                    O’er still sea.

Through woodlands dim
                     Have I taken my way,
And o’er silent waters, night and day
Have I sought the wee wind.

MOTIVO

Un vento lieve udii che mi cercava
Dentro quiete foreste,
Un vento lieve vidi e mi cercava
                     Sopra il mare sereno.

E dentro boschi oscuri
                    Mi sono incamminato,
E su acque silenziose, notte e giorno,

Cercando il vento lieve. (da, A lume Spento)


I CINQUE ELEMENTI
35x60 cm. legno, zinco, pietra
U.A. - 1997

HORUS (la discesa del Logos)
140x180 cm. tecnica mista, sabbia d’oro, tela, ferro, legno
U.A. –1997

CIPRESSO DI SAN FRANCESCO I e II
120x170 cm. stampa digitale, plexiglas
U.A. -1997

THE TREE

I stood still and was a tree amid the wood,
Knowing the truth of things unseen before;
Of Daphne and the laurel bow
And that god-feasting couple old
That grew elm-oak amid the wold.
‘ Twas not until the gods had been
Kindly entreated and been brought within
Unto the hearth of their heart’s home
That they might do this wonder-thing,
Nathless  I have been a tree amid the wood
And many new things understood
That were rank folly to my head before.

L’ALBERO

Immobile, fui un albero nel bosco,
Seppi la verità di cose prima ignote;
Di Dafne e della fronda d’alloro
E di quei vecchi sposi che ospitarono gli dèi
E divennero roveri in mezzo alla brughiera.
Non prima che gli dèi fossero stati
Benignamente invitati ed accolti
Al focolare della casa diletta
Poteron essi compiere il miracolo.
Eppure sono stato un albero nel bosco
Ed ho compreso molte cose nuove
Che prima erano follia per la mia mente. (da Personae)

IN A STATION OF THE METRO
70x100 cm acrilico, carta, plexiglas, legno
U.A. –1999

RITRATTO DI POUND
25x25 cm. stampa digitale su acetato, ecoline, cartone, plexiglas
U.A. –1999

ALBERO I
50x100 cm. metallo,
U.A. -1996

ALBERO II

80x180 cm legno, metallo

U.A. -1997



«From the colour the nature
& by the nature the sign!»
Beatific spirits welding together
as in one ash-tree in Ygdrasail.
Baucis, Philemon.

«Dal color la natura 
           & dalla natura il segno!»
Spiriti beati e insieme fusi
       come in un frassino, Yggdrasill.
           Bauci e Filemone. (Canto XC)

 

OMAGGIO A JOYCE
50x70 cm.  tecnica mista, cartone, plexiglas, metro
U.A. -2000