domenica 20 marzo 2011

Moderni Platonici: da Giorgio Gemisto a Thomas Taylor

Circo un secolo fa, su una rivista teosofica, apparve un articolo, di cui mi sembra utile proporre la traduzione: F. S. Darrow, "The Modern Platonists and Theosophy", in The Theosophical Path, Volume 5, Number 2 August 1913. Chi volesse scaricarne l'originale in inglese lo trova qui.


I MODERNI PLATONICI E LA TEOSOFIA
di F. S. Darrow, M. A., PH. D.



L’interesse dello studioso della Teosofia per i platonici moderni è dovuto al fatto inequivocabile della loro appartenenza a quel “grande ed universale movimento che è stato attivo in tutti i tempi”, di cui la moderna Società Teosofica è parte. Ciò è facilmente dimostrabile se si volge l’attenzione a due dei loro princìpi cardinali: quello della completa eternità e divinità dello spirito e quello della superiore realtà del mondo interno spirituale del pensiero in quanto opposto al mondo esterno della fisica. Giorgio di Trebisonda, un uomo notoriamente menzognero, vano ed invidioso, in un lavoro composto prima del 1469 scrive:

Ultimamente è sorto fra noi un secondo Maometto; e questo secondo, se non ce ne prendiamo cura, eccederà in grandezza il primo ... Discepolo ed emulo di Platone in filosofia, in eloquenza e in scienza, aveva stabilito la sua residenza nel Peloponneso. Il suo comune nome era Gemisto ma assunse quello di Pletone. Forse Gemisto, per farci credere più facilmente che era disceso da cielo e per impegnarci a ricevere più prontamente la sua dottrina e la sua nuova legge, volle cambiare il suo nome secondo la maniera degli antichi patriarchi; di cui si dice che nel momento in cui il nome era cambiato essi erano chiamati alle più grandi cose. Ha scritto con non volgare arte e con non comune eleganza. Ha dato nuove regole per la condotta della vita e per la regolamentazione degli affari umani ... Era un così zelante platonico che non coltivò altri sentimenti che quelli di Platone riguardo alla natura degli dèi, anime, sacrifici, ecc. Io stesso l’ho sentito, quando eravamo insieme a Firenze, dire che in alcuni anni tutti gli uomini sulla faccia della terra avrebbero abbracciato con un consenso comune e con una sola mente un’unica e semplice religione alle prime istruzioni che sarebbero dovute essere date da una sola predicazione. E quando gli chiesi se sarebbe stata quella delle chiese o quella di Maometto rispose, “né l’una né l’altra, ma una terza che non sarebbe stata molto differente dalla religione del tempo antico”.

Questo racconto è, chiaramente, una caricatura calunniosa. Comunque, ha un deciso interesse perché si riferisce al fondatore del platonismo moderno, il restauratore della filosofia dell’Accademia in Europa, Giorgio Gemisto solitamente noto come Pletone, uno tra i più celebri degli scrittori bizantini che vissero nella seconda parte del quattordicesimo e nella prima parte del quindicesimo secolo. Anche se probabilmente nativo di Costantinopoli passò la maggior parte della sua vita a Sparta nella Grecia meridionale.
Tale era la nobiltà del suo carattere e la superiorità delle sue capacità che nonostante il fatto che molti nemici si destarono per la fortunata diffusione degli insegnamenti teosofici di Pletone, questi nemici furono costretti, per l’universale onore e rispetto in cui fu tenuto, a rimanere in silenzio per tutto il secolo della sua utile ed instancabile attività.
Ma appena fu morto, pieno di anni ed onori, essi raccolsero tutto il loro veleno e trovarono una clamorosa espressione per la loro ingiuria.
L’Imperatore Manuele Palaeologo lo nominò nel 1426 ad uno dei più influenti degli uffici della Corte Bizantina e nel 1438 fu inviato come delegato della chiesa greca a Firenze dove fu presentato al famoso Cosimo de Medici che, come assiduo ascoltatore delle conferenze di Pletone sulla filosofia platonica, divenne così interessato che stabilì l’Accademia fiorentina “col solo scopo di coltivare questa specie nuova e più elevata di filosofia”.
È anche a causa di Cosimo de Medici che ora conosciamo Gemisto come Pletone. La parola Gemisto è un nome greco che significa “pieno”, datogli non per mera adulazione, come è attestato da molti suoi scritti, ma a causa della sua straordinaria conoscenza in quasi ogni ramo della scienza. L’origine del secondo soprannome Pletone è che l’ammirazione dell’uomo di stato per lo studioso suggeriva che Gemisto doveva essere Platone venuto di nuovo, conducendolo con ciò ad essere conosciuto col suo ora più familiare soprannome di Pletone, un sinonimo di Gemisto, facetamente dato a causa della sua somiglianza nel suono alla parola Platone.
Le conferenze di Pletone a Firenze attirarono un’attenzione così vasta che si trovò presto ad essere alla guida di una nuova scuola di filosofia nell’Occidente — una scuola che annoverò fra i suoi numerosi discepoli il celebre Cardinale Bessarione e che continuò a fiorire anche dopo che il suo fondatore era ritornato nella sua Grecia natia.
Pletone scrisse un numero notevolmente ampio di competenti trattati, dissertazioni e compilazioni, riguardanti geografia, storia, filosofia e religione. Di queste opere il suo capolavoro era il suo trattato Delle Leggi il cui titolo generale recitava come segue: “Questo libro tratta delle leggi, della miglior forma di governo e di ciò che tutti gli uomini devono osservare nelle loro posizioni pubbliche e private, per vivere insieme nella più perfetta, più innocente e più felice maniera”.
Era diviso in tre libri che sono giunti a noi attraverso i secoli solo in frammenti, perchè il trattato stesso fu condannato alle fiamme da Gennadio, il Patriarca di Costantinopoli, in quanto, fra le altre ragioni enumerate da quel dignitario ecclesiastico:

Pletone mentre parlava dell’immortalità dell’anima sosteneva di provare che in concordanza con un sistema di reincarnazione le anime ritornano sulla terra in nuovi corpi, dopo certi definiti periodi di tempo.

Molti insegnamenti teosofici si troveranno negli scritti dei Platonici fiorentini e specialmente in quelli del dotto ed onorato Marsilio Ficino, il traduttore di Platone e Plotino, presidente dell’Accademia Platonica. Infatti, il trattato di Ficino Sull’Immortalità dell’Anima, contiene forse più argomenti che provano l’indistruttibilità dell’anima di qualsiasi altra singola opera esistente.
Trattare pienamente il nostro tema richiederebbe uno studio dei Platonici di Cambridge, Inghilterra, del diciassettesimo secolo; dei Trascendentalisti del New England e Platonici Americani del diciannovesimo secolo, fra cui uomini come Hiram K. Jones di Jacksonville (Illinois), Alexander Wilder di New York e Thomas M. Johnson di Osceola (Missouri); ma il fatto che abbiamo già in occasioni precedenti considerato alcuni degli insegnamenti Teosofici enunciati da Henri More di Cambridge e da Ralph Waldo Emerson ed Amos Bronson Alcott di Concord, ci permette per ora di concentrare la nostra attenzione su uno dei più prominenti dei Platonici del diciottesimo secolo.
Perciò, nelle parole di H. P. Blavatsky:

Ricorreremo ai lavori instancabili di quel difensore onesto e coraggioso della fede antica, Thomas Taylor e alle sue opere ... La sua memoria deve essere cara ad ogni vero Platonico che cerca più di imparare il pensiero interno del grande filosofo che godere del semplice meccanismo esterno dei suoi scritti. Traduttori classici migliori possono averci reso in una fraseologia più corretta le parole di Platone ma Taylor ci mostra il significato di Platone. ... Come scrive il professore A. Wilder: “si deve ammettere che Taylor fu dotato di una qualificazione superiore — quella di una percezione intuitiva del significato interno dei temi che esaminava. Altri hanno potuto sapere di più il greco, ma egli conosceva di più Platone”. (Isis, II, pp. 108-9)

E certamente questo è non piccolo merito agli occhi di coloro che apprezzano le parole d’oro di Sir Philip Sidney: “avevo tentato di capire Platone piuttosto che sprecare il mio tempo in vani sforzi di confutarlo”. Invero parole di avvertimento, che alcuni critici verbali dei tempi moderni sono stati tutti troppo pronti a trascurare.
Una delle migliori descrizioni che possediamo di Thomas Taylor, il Platonico, è quella che segue scritta dal suo amico J. J. Welsh e pubblicata quando Taylor aveva settantatre anni:

È di taglia media, ben proporzionato e di corporatura solida; la sua espressione è regolare, aperta e benevola. Vi è una dignitosa semplicità e genuina franchezza di modi che sono sicuri di conquistarne l’affetto di tutti coloro che hanno il piacere di vederlo. Nel vestire è semplice e senza pretese; nella sua condotta, irreprensibile. Fra gli amici è senza riserve e sincero; nemico deciso della falsità; e sempre pronto a fare sacrifici quando il fine da ottenersi è degno di uno spirito nobile. Credo davvero che nessun uomo abbia mai avuto un amore più appassionato per la virtù, un’aspirazione più alta per la verità o uno zelo più veemente per la sua diffusione. I suoi modi ... sono particolarmente dolci ed aggraziati, come privi d’orgoglio, altezzosità, o vanità, i quali, insieme al suo venerabile aspetto, non mancano mai d’ispirare amore e riverenza. Essendo dotato d’una memoria veramente straordinaria, è non solo in grado di trattenere immense riserve di conoscenza che nel corso di una lunga vita, assiduamente devota allo studio, ha ammassato, ma di portarle in piena azione a sua volontà. Tale è la comprensione e vigore della sua mente che può abbracciare i temi più estesi e difficili; tale la chiarezza della sua concezione che lo mette in grado di contemplare con limpidezza una lunga ed intricata serie di argomenti e di esprimerli con precisione; acuto osservatore di uomini e maniere, possiede un fondo inesauribile di aneddoti, così che lo scorrere delle sue chiacchiere familiari, l’allegria della sua disposizione e la sua facile comunicativa, sono tanto seducenti quanto le sue facoltà mentali sono dominanti. Molto raramente si è trovata una capacità di capire di una tal forza e comprensione unita a un cuore così puro ed ingenuo ... Io ho l’onore di conoscerlo molto intimamente e posso veramente dire che tutta la sua condotta è in perfetta armonia coi principi della sua sublime filosofia; che ogni suo pensiero è in concordia con tutto il tenore della sua irreprensibile vita e che le sue intenzioni sono completamente incontaminate da intenti di interesse personale ... Le sue profondissime ed ampie acquisizioni matematiche, il suo eccellente gusto poetico e le pronte capacità di versificazione avrebbero innalzato altri uomini alla distinzione ma in lui sono solamente l’accompagnamento di doni ancora più alti ... Non penso di poter più correttamente e concisamente riassumere il carattere di questo grande e ottimo uomo, se non applicando a lui ciò che il Marco Antonio di Shakespeare dice di Bruto:

“Gentile fu la sua vita e gli elementi
In lui così commisti, che la Natura può levarsi
A dire a tutto il mondo: Questo fu un uomo!”

Taylor era infatti un poeta di non mediocre talento, e nei suoi Inni Orfici, come è dichiarato giustamente dallo stesso scrittore,

Ha compiuto il difficilissimo compito di tradurli in una maniera che riflette il più grande credito sulle sue abilità, gusto, e giudizio. Il suo orecchio per l’armonia metrica è molto buono e c’è una ricca eppur variata melodia nella sua versificazione che spesso suggerisce gli sforzi più felici di Pope.

I due leader dei Trascendentalisti americani di Concord erano entrambi grandi ammiratori di Taylor e dovettero molto ai suoi lavori. Così Emerson dice:

Thomas Taylor il Platonico ... è realmente un uomo d’immaginazione migliore, un poeta migliore, o forse dovrei dire un migliore nutritore di un poeta, di qualsiasi uomo tra Milton e Wordsworth.

E Thomas Wentworth Higginson enuncia la sua opinione come segue:

Egli è certamente una tra le più singolari ed interessanti figure della storia letteraria inglese.

Bridgeman scrisse già fin dal 1804 di Taylor che

È a questo gentiluomo che la letteratura inglese deve l’accesso ad alcune delle più preziose produzioni dell’antica Grecia, che sono rese doppiamente preziose dalla delucidazione e ampi chiarimenti che la sua profonda conoscenza della filosofia platonica e laboriosa investigazione dei primi commentatori lo ha così ben qualificato a dare.

Thomas M. Johnson dichiara entusiasticamente di Taylor:

Aveva una conoscenza della filosofia Platonica più profonda di qualsiasi altro uomo dei tempi moderni ... Oggi, tra gli affari, tumulti e conflitti di questa età del commercio la memoria e carattere di Taylor sono riveriti e le sue monumentali opere studiate ed apprezzate da centinaia di ...  menti filosofiche.

Axon, il biografo e critico inglese, giustamente afferma:

Le traduzioni di Taylor rappresentano un aspetto del pensiero greco che senza di lui sarebbe restato non rappresentato nella letteratura inglese. I suoi libri rimangono un possente monumento della disinteressata devozione allo studio filosofico. Furono prodotti senza considerazione né speranza di profitto. Non sono indirizzati agli istinti popolari ... L’oro che c’era in essi, il pensiero platonico, meritò la pena di un faticoso scavo.
Va riconosciuto che un uomo che si dedica alla povertà e allo studio in un’epoca e in un paese famoso per la ricerca della ricchezza; che ha il coraggio di adottare e la sincerità di confessare opinioni che sono contrarie ad ogni pregiudizio del tempo; corre il rischio della persecuzione e dell’imprigionamento; un uomo che “disprezza i diletti e vive giorni laboriosi” ha titolo alla nostra ammirazione e rispetto, e tale era Taylor il Platonico il cui nome dovrebbe essere ricordato da tutti gli amici della cultura e della libertà di pensiero.

Thomas Taylor nacque a Londra il 15 maggio del 1758 e morì nella sua residenza in Walworth il primo di novembre del 1835. Il suo primo saggio fu pubblicato nel 1780, un opuscolo sulla matematica, ed il suo ultimo lavoro fu una traduzione di alcuni trattati di Plotino, pubblicata nel 1834. Perciò, è evidente che la sua attività letteraria si estese per più di mezzo secolo.
Quand’era semplicemente un ragazzo il suo interesse fu stimolato dalla matematica scoprendo che le quantità negative quando moltiplicò insieme produca quantità positive, e questo amore per la matematica fu incoraggiato da un attento studio dei lavori di Isaac Barrow di Cambridge. Da giovane Taylor fu educato, in accordo con gli auspici di suo padre, al ministero dissenziente, col risultato che quando il giovane fu prevenuto dal realizzare il piano di suo padre sia per attitudine che per inclinazione, egli si trovò costretto sotto la spinta della rabbia dei genitori a lottare continuamente per molti anni contro le privazioni di una povertà assoluta, durante il cui tempo fu in grado di studiare solo di notte, e di conseguenza per molti anni raramente andò a letto prima delle due o tre del mattino. Ciononostante perseverò fermamente nello studio della matematica e del platonismo tra le circostanze più avverse.
Cominciò la sua conoscenza della filosofia familiarizzandosi con Aristotele e i suoi Commentatori, e poi con Platone ed i suoi Interpreti. Prestò la massima attenzione agli antichi commentatori, perché credeva, come era solito dire, che un uomo poteva tanto ragionevolmente aspettarsi di comprendere Archimede senza prima conoscere Euclide, quanto capire Aristotele e Platone, che scrissero oscuramente di proposito, senza l’aiuto dei loro interpreti antichi, e sostenne che la follia di trascurare questi inestimabili depositi di informazioni era uguagliata solamente dall’arroganza di come pretendere di disprezzarli. Infatti credeva così incondizionatamente negli antichi commentatori greci che asseriva che a causa del loro disuso, la filosofia di Platone non era completamente capita da più di mille anni.
Taylor si volse presto allo studio delle opere di Plotino e Proclo che ammirò al più alto grado; spesso diceva di aver appreso la lingua greca dalla sua conoscenza della filosofia greca piuttosto che la filosofia greca attraverso la sua conoscenza della lingua greca. Infatti, poteva leggere un manoscritto filosofico greco, nel quale gli accenti non erano indicati, pressoché con tanta facilità quanto un libro nella sua lingua natia.
Il 12 dicembre 1788, Taylor ricevette la seguente lettera entusiasta dal Marchese Valadi, allora appena maggiorenne. Questo nobile eccentrico fu di buon ora pieno di  amore per la libertà e la filosofia, ed andò in Inghilterra in cerca di abitudini di vita più semplici. Ecco la lettera in forma compendiata:

A Thomas Taylor, meglio chiamato Liside, G. Izarn Valadi, di un defunto Marchese francese e Giannizzero, mando gioia ed onore:
O Thomas Taylor! possa tu dare il benvenuto a un fratello pitagorico, condotto da un dio salvatore alla tua scuola divina. Io ho amato la saggezza sin da bambino e ho trovato i più grandi impedimenti, e sono stato costretto a grandi lotte, prima di poter chiarire la mia via alla fonte di essa; infatti io nacqui in un paese più barbaro di quanto lo fosse l’antica Illiria. La mia famiglia non favorì mai la mia inclinazione allo studio, ed io sono stato coinvolto in così tante preoccupazioni e guai che non può essere senza l’intervento di qualche amichevole Divinità che io sono scappato alla vile ruggine del barbarismo e alla sua compagna meschinità d’animo. La mia buona fortuna è stata incontrare, diciotto mesi fa, un gentiluomo inglese di nome Pigott che è un filosofo pitagorico ...
Ho conosciuto i tuoi lavori solo due giorni fa. Un uomo divino! Un prodigio in questa età del ferro! Chi mai avrebbe pensato tu potessi esistere fra noi nella nostra presente condizione? Sarei andato in Cina per un uomo dotato della decima parte della tua luce. Oh, concedimi di vederti e di essere iniziato da te! Che felicità, se, come per Proclo Leonas, per te, io, che sento vivere in me l’anima di Leonida, potessi essere un domestico!
La mia determinazione era andare e vivere nel Nord America, per amore della libertà e là tenere una scuola di Temperanza ... per preservare così molti uomini dai prevalenti disonorevoli vizi e dalla brutale intemperanza e cupidigia egoista. Là, nel corso del tempo, se questi vizi naturali in un paese commerciale si trovano a contrastare la maggior parte delle benedizioni della libertà, quelle buone scelte, la migliore disciplina insegnata può formare una società da se stessi — tale che gli dei favorirebbero e visiterebbero amorosamente — che potrebbe preservare la vera conoscenza ed essere un seminario ed un asilo per gli amanti di essa ...
Musica e ginnastica sono scienze necessarie da possedere per un insegnante — che senso profondo e vario contengono queste due parole — ed io sono un estraneo ad entrambe. O Dei, che mi date il pensiero e lo spirito, datemi i mezzi; infatti tutte le cose sono da te.

Taylor, sebbene intrattenesse generosamente il Marchese per molti mesi nella propria casa, aveva tuttavia poco tempo libero da dedicare a tali ospiti. Non era mai inattivo e la sua continua energia e ferma perseveranza gli consentirono di compiere una quantità di lavoro letterario che è stato uguagliata soltanto da pochissimi uomini. Pubblicò oltre sessanta opere diverse, ovvero più di settanta volumi contando le ristampe, ed era un frequente collaboratore di molti periodici inglesi. Nel 1791 stampò anonimamente la prima edizione della sua eccellente e stimolante Dissertation on the Eleusinian and Bacchic Mysteries, che fu accolta con molto favore, specialmente dagli studiosi del Continente; ma la più grande delle sue opere — una traduzione di tutti i Dialoghi e Lettere di Platone, con la maggior parte dei loro Commentari neoplatonici — non appare fino al 1804. La sua traduzione di Aristotele, anch’esso per intero, fu il risultato del lavoro incessante di sei anni. La sua traduzione di Pausania fu portata a termine entro dieci mesi a prezzo della sua salute, perché nel corso di essa perse l’uso del suo indice per scrivere. Quando, difatti, il compito fu intrapreso, Samuel Patterson, il banditore letterario, dichiarò che “era abbastanza da spezzare il cuore” di un uomo. Al che il libraio con cui questi stava conversando esclamò: “Oh, nulla spezzerà il cuore di Mr. Taylor”.
Alcuni giorni prima della sua morte il Platonico chiese se fosse apparsa una cometa, e quando gli dissero di si, dichiarò: “Allora morrò! Nacqui con essa e morrò con essa”. E infatti morì all’inizio della domenica mattina, il primo giorno di novembre 1835, “un esule che vaga dal globo di luce per settantasette lunghi ed esausti anni”.
Il suo motto presenta un’impressionante somiglianza di pensiero con quello dell’attuale Società Teosofica. Confronta: “Il mio sire è la mente i cui figli sono sempre liberi”, con: “Non c’è Religione più alta della Verità”. Tutt’e due in modo simile sfidano impavidamente il dogmatismo in tutte le sue forme.
Da vero Teosofo, Taylor fu sempre un coraggioso difensore degli oppressi, impavido nella propria ammissione delle sue credenze e nelle sue censure delle malefatte e delle perfidie, anche se con ciò doveva incorrere contro molti dei più fermamente stabiliti pregiudizi del suo tempo. “Non desiderava altra ricompensa per il suo lavoro che vedere la verità propagata nella sua lingua natia”. Precisa:

Come apologia per la baldanza con la quale ho censurato talune opinioni moderne può essere sufficiente osservare che disapprovare nozioni sciocche ed empie, dove non c’è niente di personale nella censura, è certamente il dovere di ogni mente onesta e liberale.

E ancora:

Come apologia per la libertà con la quale ho censurato scrittori moderni ed opinioni moderne, ritengo sarà sufficiente osservare che, nel linguaggio di Socrate, “dicendo addio agli onori della moltitudine, ed avendo il mio occhio solamente fissato sulla verità, mi sforzerò di vivere nella migliore maniera di cui sono capace, e quando io muoio, morire così”; cosa che non può mai essere portata a compimento da chi ha paura di opporsi a ciò che concepisce essere falso ed avverso per difendere ciò che lui crede esser vero.

Nel giro di nove anni dall’inizio della sua carriera letteraria aveva audacemente dichiarato pubblicandolo che era

non vergognoso verso se stesso come perfetto convertito alla religione dell’antica Grecia in ogni particolare per quanto fu capito ed illustrato dai filosofi pitagorici e platonici.

Questa sincerità fomentò immediatamente una vera e propria tempesta di insulti che durò per mezzo secolo, o meglio molto più a lungo, giacché non cessò che con la sua morte. Sebbene così soggetto a tutti gli strali velenosi dell’intolleranza e del fanatismo, Taylor solitamente mantenne un silenzio dignitoso, lieto di lasciare la nobiltà di tutte le sue azioni a confutare le calunnie molto più completamente delle mere parole, infatti come in modo perfetto ed eloquente dichiara:

Le mie vedute sono state liberali nella divulgazione e considerevoli i miei vantaggi mentali provenienti dallo studio della filosofia antica. Tra le varie tempeste di una vita distinta da oltraggi e malattie è stata un sostegno infallibile e un riparo inviolabile. Ha spianato la cima dagli affanni e ha disperso l’oscurità dello sconforto; addolcito l’amarezza del dolore e cullato l’agonia del rimanere. Dopo avere mietuto molti preziosi vantaggi dalla sua acquisizione ne sono già ricompensato, anche se i miei lavori dovessero passare inosservati dalla generazione presente e futura. La lira della vera filosofia è non meno melodiosa nel deserto che nella città, e colui che sa come suscitare la sua armonia latente nella solitudine non vorrà la testimonianza della moltitudine per convincerlo che la sua melodia è estatica e divina.

“Indomito nelle insidie, immobile nelle perfidie,
La verità per disseminare ancora scriverò.”

Il mio oggetto principale è stato spiegare tutti gli astrusi e sublimi insegnamenti di Platone, come si trovano dispersi nei suoi scritti ... Mi si consenta come mia scusa che gli errori che ho potuto commettere in dettagli minori sono derivati dalla mia ansia di afferrare e promulgare quelle grandi verità nella filosofia e nella teologia di Platone che sebbene siano stati celate per secoli ... hanno una sussistenza coeva all’universo e saranno di nuovo ripristinate e fioriranno per estesissimi periodi attraverso tutte le infinite rivoluzioni del tempo.

Veramente un eloquente tributo alle verità della Teosofia, “la sapienza antica come il tempo”. E di nuovo nel parlare della filosofia in concordanza con la quale furono sviluppati gli antichi misteri, aggiunge:

È coeva all’universo stesso; e, quantunque la sua continuità possa essere interrotta da opposti sistemi, farà la sua apparizione in periodi diversi di tempo, finché il sole continuerà ad illuminare il mondo. È davvero, e può in futuro, essere violentemente assalita da opinioni ingannevoli; ma l’opposizione sarà tanto imbecille quanto quella delle onde del mare contro un tempio costruito su una roccia che maestosamente le riversa indietro
“Rotte e vinte, schiumando verso il largo”.

Ancora un’altra testimonianza al meraviglioso aiuto e conforto offerto dalle verità della Teosofia che era in lui

una fonte della più solida consolazione ed incentivo alla disinteressata sopportazione. Gli insegnarono a sottomettersi pazientemente alla volontà del cielo, a seguire intrepidamente l’ordine dell’universo e ad abbandonare il vantaggio privato per il bene generale.

Con quale precisione le parole che seguono descrivono l’unica peculiarità della filosofia teosofica, cioè:

Questo è non meno scientifico che sublime; e ciò che da una serie geometrica di ragionamenti, che originano dalle verità più ovvie, sviluppa tutte le progressioni dall’ineffabile principio delle cose e con precisione esibisce alla nostra vista tutti i legami di quella catena dorata della quale la Divinità è un estremo e il corpo l’altro.

Il vero uomo è intelletto [o Spirito] ... la parte più eccellente dell’uomo, ed il corpo non è nulla di più che lo strumento dell’anima razionale, e i possessi esterni sono, davvero, il bene del corpo ma sono totalmente estranei all’eminente bene della mente.

Non possiamo far di meglio che porre fine a questo schizzo della vita di Thomas Taylor con alcuni estratti dal suo credo, che, come dice, era destinato ad indicare,

una visione sinottica di quella teologia sublime [o Teosofia] che fu ... proclamata da Orfeo, Pitagora e Platone e spiegata dai loro legittimi discepoli — una teologia che peraltro può essere coinvolta nell’oblio, nella barbarie, e derisa nelle epoche empie, fiorirà di nuovo. . . attraverso tutte le infinite rivoluzioni del tempo.

E in questo credo noi vedremo che la dottrina del Karma e della Reincarnazione occupano un posto importantissimo.

Credo in un’unica Causa Prima di tutte le cose, la cui natura è così immensamente trascendente da essere anche super-essenziale (cioè, aldilà del regno dell’esistenza): e che in conseguenza di ciò non può propriamente essere nominata, o  parlata, o concepita dall’opinione, o essere conosciuta o percepita da qualche essere ...
Credo, tuttavia, che se è lecito dare un nome a ciò che è veramente ineffabile, gli appellativi L’UNO e IL BENE sono, tra tutti gli altri, i più adatti ad esso; il primo di questi nomi indicante la sua trascendente semplicità come il Principio di tutte le cose, ed il secondo che indica che è il desiderio ultimo di tutte le cose ...
Credo che l’uomo sia un microcosmo, comprendente in sé parzialmente tutto ciò che il mondo contiene divinamente e totalmente ...
Credo che la parte razionale dell’uomo in cui consiste la sua essenza è di una natura automovente e che sussiste tra intelletto [o spirito], che è immobile sia in essenza sia in energia, e natura [o materia], la quale sia muove sia è mossa.
Credo che l’anima umana così come ogni anima mondana [ogni entità che è soggetta alla nascita sulla terra] usi periodi e ritorni della sua propria vita [cioè, è governata dalla Legge Ciclica].
Infatti, in conseguenza dell’essere misurata dal tempo essa infonde energia transitivamente [ci, oscilla indietro ed avanti come il pendolo] e possiede un proprio moto [cioè, un movimento particolare al proprio essere]. Ma tutto ciò che è mosso perpetuamente e partecipa del tempo, ruota periodicamente e procede dallo stesso allo stesso ...
Credo anche che l’anima mentre è unabitante della terra sia in una condizione decaduta, un apostata dalla Divinità, un esule dal globo di luce, e che essa può solo essere restituita mentre è sulla terra alla somiglianza divina ed essere capace dopo la morte di riascendere al mondo Intelligibile [o spirituale] con l’esercizio delle virtù purificatrici e teoretiche [vale a dire, quelle che producono l’illuminazione dell’anima], le prime purificandola dalle sozzure di una natura mortale e le seconde elevandola ad una visione del vero essere ... [Questo si riferisce alla pre-esistenza e rinascita dell’anima ed agli insegnamenti Teosofici riguardo a involuzione ed evoluzione.]
Credo che l’anima umana essenzialmente contenga ogni conoscenza, e qualsiasi conoscenza essa acquisisca nella vita presente non è nient’altro che un recupero di quello che essa una volta possedeva, e che la disciplina evoca [fa fuoriuscire] dai suoi dormienti ricoveri.
Credo anche che l’anima umana alla sua partenza dalla vita presente voglia [più tardi] passare in altri corpi terreni ... ma la parte razionale non diviene mai l’anima di una natura irrazionale.
Credo che siccome le divinità sono eternamente buone e proficue senza essere mai nocive e sempre esistendo nella stessa maniera uniforme di essere, cosi noi siamo congiunti con esse attraverso la similarità quando siamo virtuosi, ma separati da esse per dissimilitudine quando siamo viziosi. Che mentre noi viviamo secondo la virtù noi partecipiamo degli dèi, ma li induciamo a divenire i nostri nemici quando diventiamo malvagi; non che si adirinoinfatti l’ira è una passione ed essi sono impassibili — ma perché la colpa c’impedisce di ricevere le illuminazioni degli dèi e ci sottopone ai poteri di forze spirituali vendicatrici. Perciò, credo che se otteniamo il perdono della nostra colpa ... noi non plachiamo gli dèi, né induciamo alcuna mutazione ad accadere in loro; ma con la nostra conversione ad una natura divina noi applichiamo un rimedio ai nostri vizi personali, e di nuovo diveniamo partecipi della bontà degli dèi, cosicche è la stessa cosa asserire che la Divinità si è allontanata dal male, come dire che il Sole si è nascosto da quelli che sono privi di vista ...
Credo anche che l’anima sia punita in un futuro per i crimini che ha commesso nella vita presente; ma che questa punizione è proporzionata ai crimini e non è perpetua; poiché la Divinità punisce, non per ira o vendetta, ma per purificare l’anima colpevole e ristabilirla nella giusta perfezione della sua natura. 



Thomas Lawrence, Ritratto di Thomas Taylor (1758-1835), platonico, 1820 circa, National Gallery of Canada, Ottawa
 

A questa traduzione, si può aggiungere che di Thomas Taylor, che fu l’eroe di William Blake,  Isaac Disraeli affermava: “a modern Pletho has risen in Mr. Thomas Taylor, who, consonant to the platonic philosophy, in the present day religiously professes polytheism!”  
L'affermazione è in Isaac Disraeli, “Modern Platonism”, in Curiosities of literature; edited with memoir and notes by his son the Earl of Beaconsfield, vol. I, privately printed: Riverside Press, Cambridge, 1864, pp. 292-296; new ed. BiblioBazaar, 2008, pp. 288-291. L’appellativo di Taylor “modern Pletho” appare in questo saggio di Disraeli sul platonismo moderno, che prende le mosse da una discussione su Gemisto fino a giungere ai suoi tempi: la citazione nella vecchia ed. è a p. 295, mentre nella nuova ed. è a p. 290. Thomas Taylor (1758-1835) è anche l’entusiata mezzo matto protagonista della novella Vaurien (1797) dello stesso Isaac Disraeli, nonché l’“England’s gentile priest” e il “the would-be restorer of unintelligible mysticism and superstitious pagan nonsense” in The Pursuits of literature: a satirical poem in four dialogues, with notes di Thomas James Mathias (J. Owen, London, 1797, Pt. 3, p. 5; nell’undicesima edizione T. Becket, London, 1801, le citazioni sono a p. 185).  


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