giovedì 21 aprile 2011

Adrian Stokes menzionato da Elémire Zolla



Adrian Stokes e il suo Stones of Rimini sono menzionati da Elémire Zolla in The Androgyne reconciliation of male and female, New York, Crossroad, Thames and Hudson ltd, Londra 1981; trad. it. "L’Androgino Alchemico", in ANDROGINO a cura di A. Faivre e F. Tristan, editrice ECIG, Genova, 1991.


L’incontro con due serpenti accoppiati è presso molti popoli il più favorevole degli auguri. Nel mito di Tiresia un tale incontro segna l’inizio del destino di androgino e veggente del protagonista. Nello yoga e nel tantrismo il motivo dei serpenti allacciati rappresenta il perfetto equilibrio delle energie interne. Formicolii della spina dorsale, serpenti eretti e falli in erezione sono fenomeni imparentati fra di loro. Una nota acuta produce un brivido lungo la spina dorsale; e una melodia che si snoda a spirale, suonata da un flauto, ritmata da un tamburo o ballata da agili e leggiadre membra, fa alzare sia i serpenti sia i falli. La particolare e completa estasi dell’androginia è simboleggiata dal caduceo che, in quanto rappresentazione dell’accoppiamento di serpenti, denota la corrispondenza, sezione per sezione, dell’essere androgino con il cosmo. Nella tradizione occidentale, Giordano Bruno, in De immenso et innumerabili (VI,5), descrive la compenetrazione di serpenti accoppiati come emblema dell’amplesso fra il Sole-Dioniso e la Terra-Cerere. I raggi solari, egli dice, penetrano nell’utero dell’umidità terrestre per raggiungere eternamente il femore stesso della madre cosmica. Il femore è l’osso con cui si fanno i flauti. Entrare in rapporto con questo nucleo della vita cosmica è il fine dell’adepto, sia come alchimista sia come mistico. L’adepto s’identifica con Mercurio, il fluido principio androgino della realtà. Mercurio dapprima è assopito e si astrae dal mondo della veglia per sognare i giusti sogni. Il suo corpo sottile emerge dal suo inguine come un caduceo (indicazione anche del sonno REM, in cui si producono erezioni). Sopra di lui aleggia il principio della luce e del calore. Nella fase successiva  lo vediamo incoronato, con il caduceo perpendicolarmente eretto che va a toccare il centro del cuore, dove il sole e la luna si congiungono androginamente. Un piede poggia sulla terra, l’altro sul fuoco. Nella terza immagine la trasformazione è compiuta: Mercurio è ora il perfetto androgino e regge il globo imperiale nella mano sinistra e il caduceo nella destra. Il caduceo è ora esternato e conferisce armonia non solo all’uomo interiore, ma anche al mondo esterno. Saturno e la Luna, Giove e Mercurio, Marte e Venere si fondono finalmente l’uno nell’altro e tutti insieme in un’unità, e Mercurio li porta, come un mazzo di fiori, dentro le viscere della terra, dove diverranno le anime rispettivamente del piombo e dell’argento, dello stagno e del mercurio, del ferro e del rame, formando una spirale che culmina nell’oro solare. Il Mercurio di Agostino di Duccio ci appare all’apice del suo potere. I dettagli di questa immagine devono essere stati suggeriti dagli ermetici che si erano raccolti alla corte di Sigismondo Malatesta. Le stelle sullo sfondo alludono all’armonia delle sfere; il bastone magico guida le anime nella discesa e nella risalita dalle profondità della terra; il gallo della vigilanza è appollaiato sul piede sinistro; il cappello conico della magia s’innalza verso il cielo sul capo dell’androgino, e le nubi che gli fluttuano intorno alle ginocchia suggeriscono, come ha osservato Adrian Stokes (The Stones of Rimini) il moto elicoidale di un vortice che s’innalza. Il piede destro, maschile, poggia sulla roccia con cui è possibile accendere il fuoco, mentre il piede sinistro, femminile, è immerso nelle femminili acque. La saggezza, in greco sophia, rappresenta il legame fra l’Unità Divina e gli archetipi ideali della Creazione. Certi teologi russi hanno ravvisato in Santa Sofia la Quarta Persona di Dio. Come esperienza di vita, in tutta la storia del cristianesimo, dai primi gnostici ai recenti sofianisti russi, Sofia rappresenta lo struggente desiderio di una pace e di una grazia oltremondane, simile, secondo il tradizionale paragone degli gnostici, all’indefinibile nostalgia provata dal figlio di un re che vive, ignaro delle sue origini, in povertà. Teologicamente Sofia è lo specchio di Dio e, nel contempo, lo specchio della pura consapevolezza per gli uomini. Essa è femmina in rapporto a Dio, ma androgino in rapporto all’umanità. Vladimir Solovev, il grande sofianista russo dell’Ottocento che evocò Sofia come sfida allo Spirito dell’Umanità del pensiero positivista, vedeva la mascolinità di Sofia manifestarsi in Gesù e la sua femminilità in Maria.


Agostino di Duccio, Mercurio, Tempio Malatestiano Rimini, metà XV secolo, da “Stones of Rimini” tav. 46

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